Vivian Maier, la tata con la Rolleiflex
“New York, 1954. Capelli corti, abito dal colletto tondo, prime rughe attorno agli occhi, ventotto anni, Vivian ha risposto a un’inserzione sul New York Herald Tribune. Cercavano una tata. Un lavoro giusto per lei. Le famiglie l’hanno sempre incuriosita. La affascina entrare nel loro mondo, diventare spettatrice dei loro piccoli drammi senza esserne partecipe, e osservare la recita, la pantomima della vita da cui soltanto i bambini le sembrano immuni.”
Comincia da qui “Dai tuoi occhi solamente” il romanzo con cui Francesca Diotallevi racconta la storia di Vivian Maier, una delle più grandi fotografe del Novecento. Un’artista diversa dal solito, che ha vissuto tutta la sua vita cercando di passare inosservata e che, a chi le chiedeva che mestiere facesse, rispondeva di essere una bambinaia. Unico punto fermo nella sua esistenza era la macchina fotografica Rolleiflex dalla quale non si è mai separata. La cosa davvero insolita è che Vivian ha scattato fotografie per tutta la sua vita, ma non le ha mai sviluppate, non le ha mai viste, perché
“ Una volta scattate, le fotografie smettevano di interessarle.”
È una fotografa di cui sappiamo poco, perché ha scelto di rimanere nell’ombra e di raccontare il meno possibile di sé. Francesca Diotallevi ha pochissimo materiale su cui lavorare per ricostruire la vita della sua protagonista molto, troppo riservata. Ricorre quindi alla costruzione di questo romanzo, un contesto letterario che diventa il contenitore all’interno del quale collocare questa storia. La narrazione si svolge su due piani temporali che si alternano. Quello della storia che l’autrice racconta, in base alla quale Vivian Maier, adulta, viene assunta come bambinaia presso la famiglia di uno scrittore di best seller che ha una moglie, due figli e un terzo in arrivo; poi c’è il tempo del ricordo attraverso il quale Vivian ci racconta i suoi ricordi di quando era bambina. Sono momenti che la protagonista richiama alla mente e che racconta solo a noi lettori. Sono quelli attraverso i quali possiamo conoscerla e cercare di capirla. Il suo modo di essere affonda le proprie radici in un’infanzia traumatica, caratterizzata da vuoti più che da pieni, nella quale la dimensione affettiva è quasi sempre negata e, laddove è presente, non può certo essere definita come tale. Quella della Maier è una storia di donne sole, maltrattate e non capite, segnate da una ferita, quella della relazione tra madre e figlia, che si ripete sempre drammaticamente uguale.
È in quest’ottica che la fotografia diventa per Vivian un antidoto alla solitudine e alla sofferenza, un modo per rapportarsi agli altri e cercare nelle loro vite gli affetti e le emozioni che a lei sono mancati. Le fotografie della Maier sono sempre istanti rubati alle persone che li vivono senza dare ad essi nessuna importanza, sono momenti che raccontano
“storie che le persone non sanno di vivere”
Francesca Diotallevi scrive un romanzo di grande intensità con il quale ‘fotografa’ la vita di una donna davvero incredibile. Di grande impatto e tutt’altro che casuale è la scelta di descrivere i due anni (1954-56) in cui la Maier è bambinaia a casa di uno scrittore di best seller, Frank Warren. Fotografare è scrivere con la luce, scrivere è fotografare con le parole situazioni e sentimenti per cercare di renderli reali, visibili agli occhi del lettore. Sono due modi di raccontare che, pur nella diversità, hanno punti di contatto molto potenti e significativi. Frank Warren, scrive best seller e quindi sacrifica se stesso e la propria ispirazione in nome di un pubblico più vasto possibile al quale parla
“attraverso una voce che non era la sua, ma era quella che lui immaginava dovesse appartenere allo scrittore che voleva diventare”;
Vivian Maier scatta migliaia di foto per tutta la sua vita cercando di rimanere nell’ombra. L’obiettivo della sua macchina fotografica è l’unico filtro che le permette di relazionarsi con l’altro da sé, costruendo un contatto che Vivian tiene rigorosamente nascosto. Se pensiamo alla quantità di fotografie che scattiamo oggi e al tempo che intercorre tra qualsiasi scatto e la sua pubblicazione sui social senza nessuna riservatezza e, a volte senza alcun pudore, sembra davvero assurdo che Vivian Maier abbia vissuto tutta la vita con un talento e un’arte di cui nessuno è stato consapevole fino al 2009 quando un rigattiere, John Maloof, per puro caso, ha comperato all’asta tutti i rullini scattati e mai sviluppati di questa prodigiosa fotografa.
F. Diotallevi, “Dai tuoi occhi solamente”, Neri Pozza, 2018, pp. 207, € 16.50