Un’estate con Omero. Dal mito alla contemporaneità
Più passa il tempo e più mi rendo conto di quanto io sia stata fortunata a decidere di studiare il greco e il latino al liceo classico prima e alla facoltà di lettere classiche poi. “Un’estate con Omero” di Sylvain Tesson ne è un’ulteriore conferma, semmai io ne avessi bisogno.
“Da dove vengono l’Iliade e l’Odissea, poemi emersi dagli abissi e proiettati verso l’eterno? Come si spiega che un racconto antico di duemilacinquecento anni abbia conservato una luce tanto vivida, come lo scintillio di una calanca? Perché questi versi immortali sono ancora in grado di svelarci l’enigma del nostro domani?“
Sylvain Tesson cerca di rispondere a queste domande attraverso le parole stesse dei due poemi eterni e meravigliosi. L’Iliade e l’Odissea, ai miei tempi, erano parte obbligatoria del programma curricolare e forse è questo il motivo per cui, se gli studenti non riuscivano a superare l’incubo dell’imposizione, non ne apprezzavano la genialità e l’importanza. Io me ne sono innamorata subito e li ho letti più e più volte e ogni lettura mi ha permesso di scoprire aspetti nuovi. Tesson consiglia addirittura di passare “un’estate con Omero”. Un suggerimento che sono sicura sembri azzardato ai più, ma che io invece consiglio di accettare con curiosità e liberi da pregiudizi. Questo libro racconta i poemi attraverso i versi che li compongono:
“L’Iliade è il racconto della guerra di Troia, l’Odissea del ritorno di Ulisse nel suo regno, a Itaca. L’una descrive l’imperversare della battaglia, l’altra la restaurazione dell’ordine. Entrambe tratteggiano con incredibile precisione, la condizione umana.”
La guerra e il viaggio: non vi sembrano argomenti più che attuali?
La guerra decennale tra Greci e Troiani scaturita dal rapimento di Elena, la donna più bella del mondo, da parte del principe troiano Paride e il viaggio di ritorno, alla fine della guerra, di Ulisse l’eroe greco forse più famoso in assoluto. Poi ci sono gli dei e gli eroi che danno vita agli accadimenti, che giocano i primi con i secondi pur sempre all’interno di una dimensione superiore che è il destino. Detta così sembra che il tutto sia già deciso e caratterizzato da un’ineluttabilità che rende vana qualsiasi azione e impossibile qualsiasi decisione personale. In realtà non dobbiamo mai dimenticare che questi due capolavori si collocano molto prima delle religioni monoteistiche e rispondono quindi a logiche del tutto diverse.
“Alla base del pensiero greco in generale, e dell’insegnamento omerico in particolare, c’è l’assunto che tutte le sventure dell’uomo vengano dal non essere al proprio posto e che il senso della vita consista nel ristabilire lì dove dev’essere ciò che ne è stato esiliato”
In questo senso tutto accade in funzione di ristabilire l’ordine dato, indipendentemente dalle azioni necessarie o da quanto tempo occorra per farlo. Per l’eroe antico accettare la propria sorte non significa rassegnarsi passivamente all’ineluttabile. È proprio la capacità di accettare ciò che deve accadere che rende l’uomo greco forte, perché ben disposto.
Proviamo a calare nella nostra quotidianità questa posizione. Quante energie spendiamo nel lamentarci della nostra situazione e nel desiderare di essere diversi da come siamo e avere ciò che non abbiamo? Quante volte ci concentriamo su ciò che non c’è e perdiamo di vista ciò che c’è? Quanto tempo dedichiamo a cercare chissà quali motivazioni per giustificare la nostra insoddisfazione, l’incapacità di gioire del nostro quotidiano nell’aspettativa di qualcosa di infinitamente migliore e più appetibile che però non sappiamo come definire?
È un po’ quello che succede anche attorno a questi ventisettemila versi. Studiosi di tutto il mondo studiano i versi che compongono questi poemi, si interrogano sulla reale esistenza e sull’identità dell’autore Omero, si chiedono se fosse cieco, si chiedono a quali luoghi moderni corrispondano quelli epici e non hanno certezze nemmeno in relazione al tempo degli eventi raccontati o alla rotta seguita da Ulisse durante il viaggio di ritorno a Itaca. Tutto questo fa discutere da sempre filologi, archeologi, storici, filosofi, studiosi delle più svariate discipline e forse è proprio la concentrazione su questi temi che allontana gli studenti (e questi stessi studiosi) dal piacere e della fascinazione di due racconti avventurosi che meritano di essere letti già solo per il piacere della lettura. Il consiglio di Sylvain Tesson, che è anche il mio, è di leggere questi due capolavori senza nessuna sovrastruttura interpretativa. Dovete immergervi nei poemi omerici come fareste con un’avventura, seguendo gli eventi e facendo il tifo per i vostri eroi. Non occorre aver fatto nessuno studio particolare per avere accesso al fascino di queste avventure, occorre solo la volontà di lasciarsi coinvolgere dalla poesia e dalla melodia di questi versi immortali. Certo, leggere il libro di Tesson è utilissimo avere un assaggio di ciò che vi siete persi se non avete mai letto Omero. Aggiungerei che è anche la stagione giusta per decidere di trascorrere “un’estate con Omero”!
S. Tesson, Un’estate con Omero, Rizzoli, 2018, pp. 233, € 17.00