Ora dimmi di te. Lettera a Matilda
“Ora dimmi di te” è una lettera che Andrea Camilleri scrive alla sua pro nipotina di 4 anni, Matilda, perché non vuole che siano solo gli altri a raccontarle di lui; vuole farlo in prima persona. “Ora dimmi di te” è una lettera lunga un secolo, nella quale Camilleri, scrittore straordinario, racconta il Novecento, che ha vissuto il prima persona, con gli occhi di un protagonista. Ultra novantenne, sa che non potrà mai narrare la sua vita a Matilda di persona e, proprio per questo, decide di raccontare e raccontarsi scrivendo, che è ciò che sa fare meglio, la sua vera grande passione che ha saputo trasformare nella sua professione.
“Matilda mia, ho imparato pochissime cose e te le dico“.
È un racconto lucido e sentito, che ripercorre il secolo appena concluso, mettendo a fuoco i momenti davvero determinanti per Camilleri e che lo sono stati anche per il nostro Paese. C’è il racconto della sua infanzia e del regime fascista del quale all’inizio era sostenitore (e del resto non avrebbe potuto essere diversamente) e poi accanito oppositore (lo è tuttora); c’è la guerra alla quale avrebbe voluto partecipare a tutti i costi, ma per la quale era ancora troppo giovane; c’è il periodo della ricostruzione con la prima repubblica seguita dalla seconda e dalla terza.
E questa è la storia all’interno della quale Camilleri racconta la ‘sua storia personale’. Ci dice che ha imparato a leggere da solo a cinque anni, che marinava la scuola, perché preferiva dedicarsi a ciò che lo interessava davvero, piuttosto che sottostare alle regole di una istituzione della quale non si sentiva parte. C’è il collegio dal quale fa di tutto per farsi espellere, così come dall’Accademia, e anche dalla RAI per essersi fatto riconoscere, in quest’ultimo caso, come “comunista violento”. C’è l’amore a prima vista per la donna che diventerà sua moglie, c’è la passione per il teatro, l’innamoramento per la poesia e la nascita di Salvo Montalbano (un episodio davvero molto emozionante) che lo ha consacrato al successo che tutti conosciamo.
La lettera a Matilda è scritta con una naturalezza di cui solo un grande scrittore come lui è capace. È il racconto di sé e di un mondo che la cecità non gli permette più di osservare, ma che la sua cultura e la sua esperienza gli permettono di continuare a vedere talmente bene da poterlo addirittura spiegare alle generazioni future. Non c’è rimpianto e non c’è nemmeno nostalgia per esperienze che Camilleri stesso si augura che i giovani non debbano più sperimentare.
“Ai molto giovani, che mi vengono a trovare in questi ultimi tempi domandando consigli, io rispondo che hanno un preciso dovere: quello di fare tabula rasa di noi. Noi oggi siamo dei morti che camminano. Morti nel senso che le nostre idee, le nostre convinzioni appartengono a un tempo che non ha futuro…”
Mi colpiscono molto la grande umiltà con cui Camilleri si racconta e la sincerità in nome della quale non nasconde episodi poco lusinghieri della sua adolescenza.
“Non vorrei che ti facessi di me un’idea errata. Anche io ho commesso errori, anche io ho sbagliato, ma ho sbagliato, credimi, non sapendo di sbagliare. Certe volte ho avuto torto, però quando me ne sono reso conto, ho domandato scusa. Anche io, soprattutto nel periodo della giovinezza, ho detto delle menzogne. Menzogne, attenzione, non falsità. Poi ho smesso e ho detto sempre la verità…”
Anche in questo sta la grandezza di Andrea Camilleri. Scrive alla sua pronipote, ma sa che anche noi leggeremo questa lettera. È un modo straordinario con il quale ci consegna, ormai cieco, la sua visione del mondo, la sua interpretazione dei fatti storici che hanno reso grande o piccola l’Italia e che ancora oggi la stanno rendendo grande o piccola e che fanno discutere. In queste pagine autobiografiche lo scrittore siciliano non è mai giudicante e il punto di vista è sempre presentato come il suo e non come una posizione oggettivamente giusta, vera e quindi universale.
“Non condividere le idee di un altro non significa che esse siano poco intelligenti o poco motivate”
Chi non accetta il confronto con gli altri non può crescere e non può evolvere e questo vale a livello individuale, ma anche e soprattutto in una dimensione sociale collettiva. Ecco perché le nuove generazioni hanno il dovere di conoscere il passato e il compito imprescindibile di costruire un futuro nuovo fatto di ideali nuovi, ma sempre liberi e portatori di libertà.
“L’ultima cosa che ho imparato consiste nell’avere necessariamente un’idea, chiamala pure ideale, e a essa attenersi fermamente ma senza nessuna faziosità, ascoltando sempre le idee degli altri diverse dalle proprie, sostenendo le proprie ragioni con fermezza, spiegandole e rispiegandole, e magari perché no, cambiando la propria idea. Ricordati che, sconfitta o vittoriosa, non c’è bandiera che non stinga al sole.”
A. Camilleri, Ora dimmi di te. Lettera a Matilda, Bombiani, 2018, pp. 112, € 14.00