Nati liquidi. Trasformazioni nel terzo millennio
“Nati liquidi” è l’opera sulla quale Bauman stava lavorando al momento della sua morte. Non un libro come gli altri, ma un dialogo con Thomas Leoncini che ha esattamente sessant’anni meno di lui e che fa parte delle generazioni che appartengono, dalla nascita, alla società liquida che il sociologo ha teorizzato per primo e della quale si è occupato per tutta la vita. Bauman e Thomas, in queste pagine, dialogano sugli aspetti più caratterizzanti e, a torto considerati totalmente effimeri, degli anni ai quali appartiene il giovane interlocutore. La modifica del corpo, i tatuaggi, la chirurgia estetica, la barba, le dinamiche dell’aggressività, il web, le trasformazioni amorose sono fenomeni attuali che affondano le proprie radici in un passato che non è poi così diverso e nemmeno così passato. Il tatuaggio, ad esempio, è un indicatore dell’intenzionale stabilità dell’impegno ricercata dai giovani, ma anche una dichiarazione della inalienabilità del diritto all’auto affermazione. Comunità e identità non sono affatto la stessa cosa, anzi.
“In linea di principio, la prima è categorica e coercitiva, in quanto determina e definisce previamente il casting sociale dell’individuo, l’altra si presume sia ‘liberamente scelta’, una sorta di ‘fai da te’.”
Ecco spiegato il fenomeno della moda, della quale i tatuaggi sono parte integrante. Fenomeno giudicato ancora anticonformista e non completamente accettato nella nostra società, ma che rimanda alle abitudini tribali dell’Africa dove è l’assenza dei tatuaggi a decretare l’esclusione del singolo dal resto del gruppo. Un altro meccanismo di auto affermazione e di accettazione di sé è la chirurgia estetica. Migliorare il proprio aspetto significa semplicemente avvicinarlo il più possibile ai parametri della moda dominante.
“La cultura contemporanea della società dei consumatori è governata dal precetto ‘se puoi farlo, devi farlo’. […] L’economia consumista prospera (o meglio sopravvive) grazie al magico stratagemma del convertire la possibilità in obbligo o, per dirla con il lessico degli economisti, l’offerta in domanda”.
Un altro tema di confronto riguarda le trasformazioni dell’aggressività con particolare attenzione al fenomeno del bullismo. Ancora una volta il rimando è a un tema antropologico molto antico, i riti di passaggio. Le tre fasi nelle quali essi si articolano, separazione, marginalità e aggregazione sono gli stessi attraverso i quali si possono leggere i fenomeni di bullismo visti dal punto di vista della vittima. Se è vero che in chiave antropologica i riti di passaggio hanno una funzione imprescindibile che scandisce i passaggi della crescita biologica e sociale, è altrettanto vero che il bullismo non ha e non può avere questa funzione. In questa logica, l’unica lettura possibile di un fenomeno come questo è “il ritorno della violenza, della coercizione e dell’oppressione nella risoluzione dei conflitti, a scapito del dialogo e del dibattito finalizzati alla reciproca comprensione e alla rinegoziazione del modus co-vivendi”. Secondo Bauman la nuova tecnologia della comunicazione mediata ha un ruolo importante, non come causa, ma come condizione agevolante. Il bullismo e la violenza in genere, esistono da sempre e da sempre sono manifestazione di un disagio esistenziale per chi la pratica, di esclusione e di emarginazione sociale per chi ne è vittima. Ciò che preoccupa realmente il grande sociologo è la banalizzazione del male, operazione che porta con sé una progressiva insensibilità nei confronti del male stesso e di tutte le sue manifestazioni. Fare il male non richiede più motivazioni, soprattutto in una società in cui il pluralismo sembra alleggerire la responsabilità individuale in nome di un agire collettivo. La liquidità ha trasformato profondamente anche le dimensioni sessuale e amorosa. Il web rappresenta il non luogo e non tempo per eccellenza. È la dimensione che ci permette di essere contemporaneamente ovunque e in connessione con chiunque. La relazione si costruisce prima online e solo in un secondo momento e neanche sempre, si concretizza in un incontro offline.
“WhatsApp, Telegram, Snapchat, Messenger hanno questa grande funzione: accorciano i nostri tempi, ci fanno arrivare con molta più rapidità al target desiderato, sono processi istantanei che sanciscono come mai prima d’ora la fine delle distanza spaziali, determinando come unica sottile barricata la staccionata temporale.”
Ma i social costituiscono anche il vero grande inganno. Ci fanno credere che, attraverso i like e i commenti, possiamo creare e diffondere una democrazia universale, mentre in realtà creiamo solo una nostra visione personale, individuale e chiusa della realtà. La relazione e il confronto non sono più politici, nella valenza etimologica del termine, ma privilegiano la dimensione privata ai danni di quella pubblica. La selezione delle amicizie e delle interazioni che operiamo sui social costituisce, se così si può dire, ‘la fabbrica del consenso’. Interagiamo solo con chi ci apprezza e condivide le nostre idee, mentre eliminiamo chi non esalta la nostra individualità e non alimenta la nostra autostima. La relazione sul web è tra singoli, tra individualità che coesistono con altre individualità. Il confronto reale, che fa crescere, è con punti di vista diversi, con idee altre rispetto alle nostre. Questa è la vera dimensione del pensiero democratico, mentre sui social, molto spesso, l’organizzazione della nostra sfera personale si basa su principi che ricordano piuttosto il totalitarismo.
“Per farla breve: online, a differenza di quanto accade offline, sono io ad avere il controllo: io sono il padrone, io comando (rule). Forse non ho la stoffa del direttore d’orchestra, ma decido io che musica si suona.”
Gli uomini del ventunesimo secolo appartengono ‘a due mondi’ e, come mostra la maggior parte delle ricerche sociologiche, la scelta di internet non è tanto in base all’opportunità di accesso, quanto a quella di uscita. Dove uscita significa la possibilità di creare la propria zona di confort che accoglie tutto ciò che ci fa sentire bene, persone o situazioni che siano, mentre esclude tutto ciò che ci irrita, ci stressa o ci fa sentire a disagio semplicemente perché non la pensa come noi.
Il web come amplificatore della modernità liquida nella quale siamo immersi. Nel bene e nel male.
“Ma nella modernità liquida tutte è cambiato. Ognuno di noi, sul palcoscenico della contemporaneità, è consapevole dell’impotenza degli strumenti che possiede. Siamo attori del grande teatro del mondo, ma quando i riflettori sono tutti per noi, l’agnosia ideativa ci colpisce come un pugno.”
L’ultima (purtroppo) lezione del più grande sociologo e filosofo della contemporaneità.
Z. Bauman T. Leoncini, Nati liquidi, Sperling & Kupfer, (4 aprile) 2017, pp. 108, € 14.00