Mi prendo il mondo ovunque sia
‘Mi prendo il mondo ovunque sia’: il titolo dell’ultimo libro di Letizia Battaglia che è anche l’ambizione bellissima di questa fotografa di fama internazionale, legata in modo indissolubile alla sua città, Palermo, di cui racconta tutto quello che può essere narrato.
Un libro che Letizia ha accettato di scrivere insieme a Sabrina Pisu, a patto che non si parlasse solo di fotografia e di mafia, ma di tutto quello che ama fare, perché, come afferma, lei non è solo la sua professione di fotografa, ma è molto di più. ‘Mi prendo il mondo ovunque sia’ racconta la sua vita nella normalità e straordinarietà al tempo stesso delle piccole cose. Letizia, in questa autobiografia, vuole esserci tutta intera, in quanto donna, amica, mamma, nonna e poi, naturalmente anche fotografa. Il suo rapporto con la fotografia non è precoce; dice che a quarant’anni
è stata la fotografia a reinventarmi come donna.
Prima di fotografare non era felice, perché non aveva potuto fare tante cose che l’avrebbero fatta sentire realizzata in quanto utile alla società. Solo avvicinandosi alla fotografia è diventata lei, con la forza che le deriva dalla macchina fotografica che le permette di esprimersi e quindi di riconoscersi.
Letizia Battaglia trova il suo maggiore appagamento nel dare e darsi agli altri; ama molto la condivisione, la complicità che derivano dal darsi e dirsi tutto. Prendere la macchina fotografica, guardare nel mirino e scattare foto con il grandangolo: questa è la migliore forma di auto analisi alla quale abbia potuto sottoporsi per comprendere se stessa, il mondo e il suo spazio nell’esistenza.
La macchina fotografica le dà la possibilità di portarsi il mondo a casa attraverso un linguaggio, la fotografia, di grande potenza espressiva.
Più volte nel libro Letizia dichiara che la fotografia le ha salvato la vita: una frase che acquista grande potenza e significato, perché detta da una fotografa che, spesso, ha fissato con le immagini situazioni nelle quali la vita non c’era più. Nessuna contraddizione in questo: Letizia ha sentito di dover fotografare la morte, sempre con il massimo rispetto, per far capire cosa significa il suo opposto, la vita. All’epoca in cui l’autrice impugna la macchina fotografica e inizia a scattare, mancava la narrazione della vita reale e Letizia arriva fino al punto di far diventare la sua fotografia una forma di contestazione.
Quando fotografavo i morti in tutto quel sangue mi sembrava che fosse una scena di teatro e che quel sangue fosse finto, ce l’avevo dentro la mia coscienza (…) Palermo ha sofferto moltissimo, abbiamo vissuto una guerra civile; non ricordo il primo uomo che ho visto a terra morto ma ricordo tutti gli altri.
Il racconto attraverso le foto della mafia corleonese che ha massacrato Palermo è stata una forma di testimonianza, di narrazione civile, dalla quale non si poteva più prescindere. Il mondo doveva sapere che Palermo non era la mafia che la stava devastando; Palermo era essa stessa vittima come tutti i morti ammazzati che ne insanguinavano le strade e ne infangavano la reputazione. Palermo non era mafia, ma lotta contro la mafia. Essere donna in un contesto come questo e svolgere il mestiere di fotoreporter non è stato quasi mai facile; Letizia Battaglia ha dovuto lottare sempre per conquistare i suoi scatti.
Sulla scena degli omicidi c’erano uomini non c’erano donne; sempre non mi facevano passare perché ero donna, non c’erano altre fotografe donne che facessero la cronaca, e allora io mi mettevo a gridare, arrivava la polizia…e mi facevano passare.
Per Letizia Battaglia la fotografia è anche poesia che nasce da un bisogno di amore, comprensione, vicinanza. La poesia racconta l’anima, la fotografia descrive la poesia delle persone, la loro vita, il loro modo di agire e di esserci nel mondo. Per questa fotografa straordinaria solo le persone sono in grado di realizzare il miracolo della fotografia, ovvero trasformare un istante in un discorso, in una storia.
Letizia Battaglia non fa la fotografa, è una fotografa e lo dimostra anche nel modo di raccontare.
Ne ‘Mi prendo il mondo ovunque sia’ la sua narrazione procede in modo totalmente descrittivo, racconta per immagini. Leggere la sua autobiografia significa guardare una serie di scatti, i più significativi, quelli che ha deciso di voler condividere con noi.
Per me la fotografia è molto più di un documento o di un’interpretazione. Per me, per la mia esperienza, la fotografia con il passare degli anni è stato il traghetto che mi ha permesso di raggiungere il mio io più profondo, di mettere a nudo l’essenza del mio essere persona, donna, di mescolarmi pienamente, senza infingimenti, al mondo che così tanto mi turba. Agli inizi fotografare era un lavoro, un normale lavoro che mi riscattava da una vita di dipendenza economica. (…). Poi – ma dovevano passare proprio tanti anni – ho realizzato che con la fotografia volevo raccontare me stessa, raggiungere ed esprimere le mie emozioni più intime, senza remore e pudori.
L. Battaglia – S. Pisu, Mi prendo il mondo ovunque sia. Una vita da fotografa tra impegno civile e bellezza, Einaudi, 2020, pp. 268, € 19.00