Madame Pylinska e il segreto di Chopin
‘Madame Pylinska e il segreto di Chopin’ è un racconto autobiografico. Eric-Emmanuel Schmidt, l’autore, ci porta a casa sua, nella sua famiglia quando aveva nove anni.
Quand’ero piccolo, a casa nostra viveva un intruso. Da fuori tutti credevano che la famiglia Schmitt fosse composta da quattro membri, due genitori e due figli, invece eravamo in cinque. L’intruso dormiva e soggiornava in salotto, immobile, brontolone, importuno.
Questo è l’inizio e quasi subito si capisce che l’intruso è un pianoforte.
Éric ha un rapporto di vero odio nei suoi confronti, fino a quando la zia Aimée si siede, lo suona e ‘quell’aggeggio’ da “immobile, brontolone, importuno” diventa uno strumento di emozione fortissima; al punto che il ragazzo decide di voler imparare a suonarlo per avere accesso alla musica di Chopin. Si rivolge a Madame Pylipnska, un’insegnante polacca, artista stravagante, per la quale Chopin è tutto.
Il protagonista inizia così un percorso difficile da seguire, perché apparentemente del tutto scollegato dall’apprendimento della musica e delle regole del pianoforte.
Non voglio raccontare nulla delle tappe di formazione che Éric affronta sotto la guida di Madame Pylipnska, perché toglierei il piacere della lettura di queste pagine.
In ‘Madame Pylinska e il segreto di Chopin’ lo studio della tecnica musicale è un espediente attraverso il quale, in realtà, il protagonista impara qual è l’atteggiamento da avere nei confronti delle relazioni, dell’arte, del mondo, della natura, in due parole, della vita. Gli esercizi che la maestra propone al suo discepolo per introdurlo ai misteri del pianoforte, della musica e di Chopin, vanno ben al di là di una esecuzione sulla tastiera dello strumento.
Perfezionarsi esige un lavoro qualitativo, non quantitativo. A che serve ripetere continuamente un pezzo, farlo male dieci o cento volte con intenzioni erronee e riflessi sbagliati? Tanto vale segare legna.
Gli esercizi che Madame propone al suo allievo sono completamente sganciati dall’utilizzo del pianoforte; Éric con tutta la sua ingenuità e una buona dose di presunzione, deve fare i conti, per la prima volta in vita sua, con le percezioni che oltre a metterlo in contatto con ciò che lo circonda, lo obbligano ad ascoltare se stesso. Un percorso ai Giardini del Lussemburgo a scoprire la natura, le sue regole, le meraviglie, colori, i movimenti, i suoni e soprattutto i silenzi. È un vero e proprio viaggio iniziatico per il quale la musica di Chopin rappresenta il punto di partenza e d’arrivo. Tre donne sono sono fondamentali nella formazione del ragazzo di cui scandiscono le tappe: la zia Aimée, Madame Pylipnska e Maria Callas. Scoprirete il perché durante la lettura.
Mi piace molto lo stile di Eric-Emmanuel Schmidt, perché è caratterizzato da una grande semplicità e dalla capacità di coinvolgere il lettore nella poesia dei sentimenti. È una scrittura visiva ed evocativa; il lettore viene coinvolto nella storia e vive accanto al protagonista con il quale non può che condividere esperienza e sensazioni. Anche noi ‘vediamo’ gli effetti degli esercizi che Madame Pylinska chiede di svolgere a Éric; siamo con lui ai Giardini del Lussemburgo, a casa della maestra seduti al pianoforte o sdraiati sotto di esso per percepire le vibrazioni della musica:
«Si concentri sulla sua pelle, tutta la pelle. La renda permeabile. Chopin ha cominciato così. Si stendeva sotto il pianoforte della madre e ascoltava le vibrazioni. La musica è prima di tutto un’esperienza fisica. Gli avari ascoltano solo con le orecchie, lei deve mostrarsi generoso, ascoltare con l’intero corpo». Suonò.
Non dirò altro, perché mi auguro che leggerete al più presto questo piccolo gioiello. Aggiungo solo una frase di Madame Pylinska che mi ha colpito molto, perché vera:
Se la musica raccontasse, non avremmo ragione di servircene. Abbordando l’ineffabile, la musica dice ciò che non è mai stato detto da nessuna parte
che è esattamente ciò che diceva Hopper, che io adoro, in riferimento alla sua arte:
se potessi dirlo a parole non ci sarebbe alcun motivo per dipingere.
Ogni forma d’arte ha un suo linguaggio specifico, capace di raccontare ciò che nessun altro strumento espressivo riuscirebbe a esprimere. Anche la vita ha il suo linguaggio, nella consapevolezza che, per usare una frase di Viktor Frankl
il senso della vita non è che la vita sia alla tua altezza, ma piuttosto che tu sia all’altezza della vita che ti capita
Eric-Emmanuel Schmidt, Madame Pylinska e il segreto di Chopin, E/O edizioni, 2020, pp. 123, € 10.00 (trad. A. Bracci Testasecca)