Le risposte. È ancora possibile conoscersi, innamorarsi, stare insieme senza nessuna mediazione?
“Non avevo più alternative. Di solito è così che succedono queste cose, è così che una persona finisce per riporre tutte le sue ultime speranze in uno sconosciuto, augurandosi che qualunque cosa quello sconosciuto possa farle sia proprio ciò di cui ha bisogno.”
Inizia così il romanzo “Le risposte” di Catherine Lacey, con la descrizione dello stato d’animo di Mary, la protagonista. È una trentenne americana in crisi che ha perso il lavoro ed è vittima di un processo di somatizzazione che la porta proprio a “riporre tutte le sue ultime speranze in uno sconosciuto”, Ed, che le propone una forma di fisioterapia del tutto fuori dall’ordinario e, per giunta, molto costosa. Contemporaneamente, Mary viene contattata da un gruppo di ricercatori che, in modo misterioso, le propongono di prendere parte ad un esperimento che le viene presentato come scientifico, nonostante il nome: “Esperimento fidanzata”.
“Un divo del cinema a cui l’ipervisibilità mediatica impedisce di vivere una normale relazione di coppia sta provando a crearsene una artificialmente, circondandosi di una serie di ragazze che ne soddisfino, a turno, le diverse esigenze: la fidanzata materna che cucina, la fidanzata collerica con cui litigare, la fidanzata ordinaria con cui passare i tempi morti in casa, un intero «team intimità» per il sesso, e una fidanzata – questo il ruolo di Mary – per i momenti di romanticismo e trasporto sentimentale.”
Dal punto di vista teorico il sistema funziona alla perfezione. I protagonisti dell’esperimento vengono monitorati ventiquattro ore su ventiquattro e tutte le reazioni emotive vengono raccolte e convertite in grafici e modelli matematici. Quando però il team di ricercatori cerca di esercitare un maggiore controllo sulle emozioni, la situazione si modifica drasticamente.
Una trama congegnata in modo impeccabile che affronta, sia pur con una vicenda inventata, un tema attualissimo nell’era dei social network, dell’intelligenza artificiale, delle nanotecnologie.
È ancora possibile conoscersi, innamorarsi, stare insieme senza nessuna mediazione? C’è anche la questione opposta, ovvero, è possibile controllare le emozioni fino a renderle indotte e stabilite a tavolino?
Già nel 1985, nel suo libro “La società della mente”, Marvin Minsky scriveva:
“Non dobbiamo chiederci se le macchine intelligenti possano avere delle emozioni, ma se tali macchine possano essere intelligenti senza di esse.”
L’informatica affettiva lavora per mappare le emozioni umane nella speranza di poterle ricostruire sulle macchine, per realizzare il mito antico di trasformare l’oggetto in essere, come succede nella letteratura a Frankenstein e Pinocchio per citare due personaggi famosi. È paradossale, ma questi due ambiti di ricerca e studio sono relativamente semplici, perché si tratta sempre di una relazione uomo-macchina.
L’esplorazione in questo romanzo, invece, alza ulteriormente l’asticella della difficoltà, perché il tentativo è quello di “gestire” razionalmente ciò che razionale non è. Partendo dal presupposto che
“le persone stesse, di fatto rappresentano il maggiore ostacolo al proprio benessere”,
l’obiettivo dell’Esperimento fidanzata
“è quello di mettere a punto un trattamento che aiuti le persone a provare quello che vogliono e a non provare quei sentimenti che le mettono in difficoltà”.
Se accettiamo l’assunto che con i sentimenti non si discute o almeno non è possibile farlo razionalmente, può la tecnologia diventare lo strumento attraverso il quale comprendere meglio le nostre passioni, gli amori, le decisioni e i nostri errori per rendere mente e corpo più logici e quindi più sani? Davvero una maggiore logica è sinonimo di maggiore salute? A me piace molto di più pensare che “la vita va come te l’aspetti solo se sei una persona estremamente noiosa” e che la chiave della felicità sta nell’accettare l’incertezza.
C. Lacey, Le risposte, Sur, 2018, pp. 332, € 17.50