Le parole sono importanti. Dove nascono e cosa raccontano
“Le parole sono importanti. Dove nascono e cosa raccontano”, oltre che un omaggio a “Palombella rossa “ di Nanni Moretti, è un titolo che dice una grande verità, troppo spesso dimenticata o disattesa. Marco Balzano ci accompagna in un viaggio alla scoperta di dieci parole
“di uso comune, che tutti pronunciamo molte volte al giorno.”
Sono parole che l’autore sente particolarmente sue e, nello stesso tempo, sa che sono universali. Il punto di osservazione che Balzano sceglie è quello della storia delle parole scelte, della loro etimologia.
“Conoscere la storia di una parola ci permette di acquisire un parametro di confronto con l’oggi. Se non abbiamo altro che il presente, infatti, è facile che ne rimaniamo ostaggi.”
La prima considerazione che mi viene in mente di fronte a questa affermazione così forte e così vera è relativa alla scuola e alle materie di studio che non ne hanno mai fatto parte e non ne fanno parte tuttora. Lo studio dell’etimologia è una di queste. L’approfondimento delle parole, delle loro origini, dell’evoluzione del significato, delle accezioni di utilizzo è, da sempre, un aspetto demandato alla passione degli insegnanti che pensano sia un valore. Ed è così anche adesso che siamo nell’era dello storytelling. È incredibile come in un momento storico, culturale, sociale, antropologico, politico come questo, raccontiamo la storia di tutto e di tutti, ma non riteniamo importante conoscere e raccontare la storie delle parole che sono un mezzo, forse ancora il più usato, attraverso il quale raccontiamo. Prendiamo ad esempio proprio la parola ‘scuola’, la prima che Balzano racconta. Forse non tutti sanno che scuola deriva da scholè il cui significato è «vacanza», «riposo», «tempo libero». Incredibile vero? No, se precisiamo che per i Greci prima e per i Romani poi, era vacanza dal lavoro. La scuola è il luogo dell’educazione per antonomasia, il luogo cioè in cui gli studenti sono e-ducati, ovvero portati fuori da uno stadio inferiore per entrare in uno superiore. La scuola è il contrario della fatica fisica, del labor, quindi è un luogo in cui si impara e ci si diverte.
‘Divertente‘ è un’altra parola molto frequentata e tanto manipolata quanto sottovalutata dal punto di vista cognitivo. Divertire deriva dal latino de-verto in cui “de ha funzione di allontanamento e verto vuol dire «girare», dunque «allontanarsi», «volger(si) altrove»”. È un verbo che indica movimento, quello che serve per lasciare la propria posizione consolidata e dirigersi verso altro.
È un verbo che descrive un cambiamento e, lo abbiamo detto fino alla noia, il cambiamento richiede curiosità, audacia e il coraggio di accorgersi che le possibilità sono ben di più di quelle che vediamo. Il divertimento, in questa ottica,
“nasce dal coraggio di intraprendere strade che relativizzano quella principale, rimpicciolendone la misura e l’importanza. Questa capacità di mutare gli equilibri e le proporzioni (ciò che sembrava grande diventa piccolo) sta alla base dell’umorismo, perché, come dice Schopenhauer, a farci ridere è la discrepanza tra il concetto e la percezione effettiva delle cose.”
Per dirla con Calvino, divertire è togliere peso, divertimento è leggerezza; non superficialità, leggerezza.
Queste sono solo due delle dieci parole che Marco Balzano ci racconta nel suo “Le parole sono importanti. Dove nascono e cosa raccontano”. Le altre, che non ho citato, sono ancora più sorprendenti.
“Il nostro tempo, ad esempio, è un’epoca in cui la lingua, per molte ragioni, viene usata in modi spesso banali, ultrasintetici, semplificati. Seguirne la nascita dalla radice, invece, offre la possibilità di mettere in discussione l’uso che ne facciamo e ci autorizza a intervenire nella comunità dei parlanti di cui siamo parte.”
Le parole belle hanno quasi sempre anche origini e percorsi belli e, se è vero quello che dice Benjamin secondo il quale
“il livello più basso della lingua è la pura trasmissione di informazioni”,
abbiamo il dovere morale e sociale di imparare a trasformare l’etimologia in un’abitudine.
“Saremmo dei parlanti migliori se ci avessero abituato a guardare le radici delle parole, a smontarle, a riconoscerne prefissi e suffissi, derivati e omologhi.”
Ogni parola è un’immagine, un gesto, una storia. Libri come questo di Marco Balzano sono un ottimo modo per iniziare a trasformare lo studio delle parole nella pratica attraverso la quale in mezzo a migliaia di parole possiamo trovare le nostre parole, quelle che ci appartengono di più.
M. Balzano, Le parole sono importanti. Dove nascono e cosa raccontano, Einaudi, 2019, pp. 128, € 12.00