L’ultimo arrivato. Il viaggio di un bambino “con la testa piena di parole”
“Comunque non è che sono emigrato così, da un giorno all’altro. Non è che un picciriddu piglia e parte in quattro e quattr’otto. Prima mi hanno fatto venire a schifo tutte cose, ho collezionato litigate, digiuni, giornate di nervi impizzati, e solo dopo me ne sono andato via. Era la fine del ’59, avevo nove anni e uno a quell’età preferirebbe sempre il suo paese, anche se è un cesso di paese e niente affatto quello dei balocchi. Ma c’è un limite a tutto e quando la miseria ti sembra un cavallone che ti vuole ingoiare, è meglio che fai fagotto e te ne parti, punto e basta.”
Sono parole di Ninetto Giacalone, l’ultimo arrivato, soprannominato ‘Pelleossa’. È un bambino di nove anni, emigrante, che racconta la storia del viaggio che lo ha portato dal suo paese, San Cono in Sicilia, a Milano in cerca di una vita migliore, o semplicemente in cerca di un futuro. Negli anni Sessanta, il nord era visto come il luogo in cui si poteva cercare di uscire dalla miseria economica e a Ninetto sembra una via di fuga da una realtà ormai insostenibile. Il padre fatica a guadagnare anche il poco che occorre per il pranzo e la cena, e la madre, viene ricoverata a Catania, vittima di un colpo apoplettico dal quale non si riprenderà più.
Nonostante questo, la scelta non è facile, e il nord non è poi così favoloso come sembra; o, per lo meno, non lo è per tutti. Per Ninetto i primi anni a Milano sono durissimi. È costretto ad accontentarsi di lavoretti poco pagati e vive in un contesto squallido nel quale la sensazione di emarginazione è quotidiana. L’unica luce che rasserena un po’ il protagonista è rappresentata dagli incontri con persone che vivono la sua stessa condizione e con le quali il dialogo è possibile non solo formalmente, ma anche nella condivisione dei sentimenti, dei ricordi e delle speranze. Balzano ci permette di trascorrere insieme al ragazzo protagonista i primi trent’anni a Milano. Trent’anni fatti, come ho già accennato, di lavori di qualsiasi tipo, dal mulettista all’operaio in catena di montaggio, in netto contrasto con il desiderio segreto, che Ninetto coltiva da sempre, di diventare poeta. A Milano per ‘Pelleossa’ ci sono il matrimonio, la paternità, ma anche il carcere a causa di un gesto violento, che il lettore scopre soltanto alla fine.
Una storia come tante; una storia del passato, del presente e forse anche del futuro.
I sogni di Ninetto bambino che si trasformano nelle delusioni dell’adulto. L’immaginazione che cede il posto alla realtà. La difficoltà di lasciare il proprio paese, la famiglia, l’infanzia, nella speranza di un futuro migliore che in realtà non è affatto così. Ninetto avrebbe voluto diventare poeta, ma la realtà della vita è tale per cui non riesce nemmeno a riempire le pagine del diario che il suo amato maestro Vincenzo gli ha regalato prima della partenza, assieme alla cioccolata e a un pacco di buste da lettere, raccomandandogli di
“scrivere a casa perché chi se ne va, per una ragione o per un’altra, in fretta si dimentica di chi rimane”.
È un racconto pervaso dal silenzio di chi, di fatto, non riesce ad esprimere se stesso e i propri sentimenti. Ninetto non aveva un dialogo con i genitori e fatica ad averlo con la moglie Maddalena, che rimane al suo fianco anche nei momenti peggiori. Non lo avrà mai con sua figlia e nemmeno con la nipotina che quasi non conosce.
Un racconto di vita crudo, ma emozionante. Una storia al tempo stesso classica e nuova. Un personaggio letterario che racconta se stesso come se fosse una persona reale.
M. Balzano, L’ultimo arrivato, Sellerio, 2014, pp. 205, € 15.00