L’isola degli idealisti
Giorgio Scerbanenco, autore di questo romanzo breve, colloca ‘L’isola degli idealisti’ su un lago non identificato del nord Italia e gli idealisti che lo abitano sono Antonio Reffi, medico, suo figlio Celestino, anche lui medico ma che preferisce di gran lunga la matematica, e Carla, la figlia quarantenne scrittrice. Assieme a loro vivono anche due cugini, due donne di servizio, un tutto fare e un cane.
Non accadeva mai nulla, al Ginestrin. Era una terra, rarissima, senza avvenimenti. Si viveva soltanto, e questo era già molto.
Se è vero, come sostiene Sandro Veronesi, che
la miglior descrizione che si può dare di qualunque posto è raccontare cosa vi succede,
va da sé che anche sull’isola degli idealisti, prima o poi deve succedere qualcosa. Succede che all’improvviso arrivano altre due persone, Guido, giocatore d’azzardo appassionato di arte e Beatrice, una donna bella ed enigmatica. I due sono latitanti, in fuga dalla polizia e vedono nell’isola un approdo sicuro, almeno temporaneamente.
L’arrivo di questi due estranei sconvolge gli equilibri di tutta l’isola e insinua tra gli idealisti un dubbio che non li abbandonerà fino alla fine della storia: denunciare Guido e Beatrice o dare loro la possibilità di espiare le proprie colpe? Un dubbio fortemente divisivo, che sarà il motore di tutta la narrazione. Quanto gli idealisti abitanti dell’isola sono disposti a cambiare delle loro abitudini consolidate? È possibile alterare equilibri consolidati per ricostruirne altri che tengano conto di un mutamento repentino di una condizione di vita da sempre uguale a se stessa?
Scerbanenco è un maestro non solo nella scrittura di romanzi noir, ma anche nella costruzione di trame che scandaglino la psicologia delle persone. ‘L’isola degli idealisti’ è più un romanzo psicologico che un noir: sull’isola, in effetti, succede una cosa sola, ma quell’unico accadimento è capace di mettere in discussione tutto. Il lago è di per sé un contesto affascinante, ancora di più per il fatto che potrebbe essere un lago qualsiasi e l’isola, luogo chiuso e isolato dal quale è difficile (decidere di) uscire, aumenta la tensione narrativa.
La figlia di Scerbanenco, nella prefazione, definisce ‘L’isola degli idealisti’:
Un noir a metà tra il cinema dei telefoni bianchi e gli spericolati esperimenti sociali dell’investigatore Duca Lamberti, che nella Milano del boom infiltrerà una sua collaboratrice nel mondo della tratta delle bianche. Nelle città eleganti degli anni Quaranta il nerboruto Celestino mette invece in atto un matematico piano di redenzione di due ladri d’albergo.
L’abilità di scrittore di Giorgio Scerbanenco esce di prepotenza. Un romanzo “tagliente, ironico, sensuale”, una lettura sofisticata e intrigante che accompagna il lettore nei meandri di un animo umano capace dei peggiori sentimenti quali invidia, falsità, inganni e bugie. La prosa è tagliente, provocatoria, asciutta. Come sempre, ogni parola è ponderata con cura per creare un complessivo al quale non sembra possibile aggiungere o togliere nulla.
Siamo molto fortunati a poter leggere ‘L’isola degli idealisti’: è un romanzo publicato postumo che Scerbanenco ha scritto, probabilmente, durante il secondo conflitto mondale e che la moglie Teresa Bandini ha conservato in un cassetto salvandolo dalla distruzione. Un capolavoro prezioso per chi ama Giorgio Scerbanenco e questo genere letterario.
G. Scerbanenco, L’isola degli idealisti, La nave di Teseo, 2018, pp, 218, € 17.00