Igiene dell’assassino
Quando fu di dominio pubblico che l’immane scrittore Prétextat Tach sarebbe morto due mesi dopo, i giornalisti di tutto il mondo sollecitarono interviste private con l’ottuagenario.
Inizia così ‘Igiene dell’assassino’ il primo romanzo di Amélie Nothomb. La storia è semplice e sta tutta nell’incipit: il premio Nobel per la letteratura Prétextat Tach è in fin di vita e la stampa di tutto il mondo gli implora un’ultima intervista. Lo scrittore, per nulla disponibile nei confronti del genere umano, si concede a cinque giornalisti soltanto, quattro uomini e una donna.
Amélie Nothomb è un’autrice che non si può mai dare per scontata; la sua forza sta nella capacità di sorprendere sempre il lettore e, anche in questo caso, riesce perfettamente nell’obiettivo. ‘Igiene dell’assassino’ è un romanzo che definirei strano non tanto per la trama, quanto per il modo in cui è costruito e per la caratterizzazione dei personaggi che danno vita alla storia. Le poco più che150 pagine di cui si compone la storia sono interamente fatte di dialoghi serratissimi tra il protagonista e i cinque giornalisti che, uno dopo l’altro, incontrano l’ottuagenario per la famosa intervista che ai giorni nostri si direbbe “definitiva”. La Nothomb utilizza questo espediente narrativo per parlare non tanto di Prétextat Tach, quanto piuttosto della forza della logica, del potere del linguaggio, della pericolosità della scrittura, dell’illusione della lettura.
La scrittura fa un gran casino a tutti i livelli: pensi agli alberi che si sono dovuti abbattere per la carta, ai magazzini che si sono dovuti trovare per conservare i libri, ai quattrini che costeranno agli eventuali lettori, alla noia che quei disgraziati proveranno a leggerli, alla cattiva coscienza dei miserabili che li compreranno e non avranno il coraggio di leggerli, alla tristezza di quegli adorabili imbecilli che li leggeranno senza capirli, e infine soprattutto alla fatuità delle conversazioni che seguiranno alla loro lettura o alla loro non-lettura. Tanto per fare degli esempi. Non venga a dirmi perciò che la scrittura non è nociva.
Sono argomenti forti, la potenza dei quali è esaltata proprio dal botta e risposta serrato tra i personaggi. Un botta e risposta che non lascia tempo e spazio alla riflessione e che funziona solo nel momento in cui le due parti che si affrontano hanno le idee chiare e dispongono di strumenti retorici forti e strutturati.
La sfida che Amélie Nothomb lancia a noi lettori, attraverso l’espediente narrativo delle interviste, è seguire un discorso, un pensiero, un ragionamento fino in fondo, dimostrando di avere la capacità di affrontare qualsiasi percorso senza pregiudizi e indipendentemente dalle conclusioni a cui porta. I primi quattro giornalisti che l’ottuagenario scrittore incontra non sono in grado di reggere la sfida e vengono cacciati in malo modo. Solo la quinta, una donna, dimostra di avere i requisiti per tenere testa al vecchio e feroce misantropo ed è qui che la Nothomb ci vuole portare. Prétextat Tach è un personaggio disgustoso e vive in una casa ben al di sotto della soglia della decenza; tutto costruito ad arte per mettere a disagio i giornalisti e anche noi lettori. O forse solo un modo per obbligarci ad andare oltre le apparenze e le distrazioni e focalizzarci sull’obiettivo che è il confronto dialettico sui contenuti, l’ho già detto, di fondamentale importanza.
Il linguaggio è sempre fedele al personaggio che lo sta utilizzando; i dialoghi sono costruiti in modo che il carattere di chi parla emerga proprio da come parla, dalle parole che usa, dalla punteggiatura e dal tono di voce. Se il vecchio scrittore è dotato di un’intelligenza impietosa che usa per annientare le sue vittime attraverso il potere del ragionamento e della parola, i quattro giornalisti uomini sono insicuri, scontati, prevedibili, in un’espressione sola, non all’altezza. La donna invece è l’unica capace di un confronto dialettico alla pari, perché dotata delle stesse armi dello scrittore assassino, ma soprattutto perché dimostra di conoscerlo davvero per aver letto, dalla prima all’ultima parola, tutte le sue opere.
C’è gente così sofisticata da leggere senza leggere. Come uomini-rana, attraversano i libri senza prendere una goccia d’acqua (…) «In fondo, la gente non legge; o, se legge, non comprende; o, se comprende, dimentica».
‘Igiene dell’assassino’ è un romanzo lucido, schietto e crudo, in cui non manca nemmeno un finale a sorpresa, addirittura più sconvolgente di tutto il resto della storia. Un’intervista esclusiva diventa un duello, uno scontro, una battaglia di parole e intelligenze.
A. Nothomb, Igiene dell’assassino, Voland, 2008, pp.155, € 13.00 (a cura di B. Bruno)