First man: un grande balzo per l’umanità
Il film “First man” racconta la storia di Neil Armstrong, l’ingegnere aereonautico e aviatore americano che, per primo, ha camminato sulla Luna. È una impresa nota ai più, perché si tratta di un evento che ha segnato la storia non solo degli Stati Uniti ma dell’intera umanità.
Se pensate però di assistere a due ore di effetti speciali e di paesaggi lunari avvolti in un silenzio che fa impressione vi sbagliate. Non è un film sullo spazio e nello spazio. È un film che parte dalla Terra e, dal punto di vista degli interrogativi che propone, rimane saldamente sulla Terra.
La storia di Neil Armstrong, come la racconta il regista Damien Chazelle, è prima di tutto fatta di quotidianità, fatica, rinuncia, lutto, sofferenza. Proprio con un lutto inizia il film, il peggiore che possa capitare a un papà. Armstrong perde la figlioletta e si trova scaraventato in un dolore più grande di lui, che forse non metabolizzerà mai. Da questa crisi ineffabile inizia la sua (grande) opportunità. Armstrong approda alla NASA e al programma Gemini, il primo passo per arrivare alla celeberrima missione dell’Apollo 11 che, il 20 luglio 1969, ha portato per la prima volta l’uomo sulla Luna; quell’uomo è lui, Neil Armstrong, the First man.
Mi ha colpito molto il punto di vista scelto dal regista. Siamo sempre portati a vedere e a far vedere il lato spettacolare delle imprese e poche volte ci poniamo il problema di quello che sta dietro a ciò che ci sembra spaziale, perdonate la licenza linguistica.
La conquista dello spazio, il mestiere dell’ingegnere spaziale, dell’astronauta fanno parte di un immaginario che ci porta a pensare alla straordinarietà di un ruolo che solo pochi possono raggiungere. Andare nello spazio, camminare sulla Luna sono esperienze che hanno ossessionato per intere epoche tutti gli esseri umani; nel mondo della letteratura Ariosto, Dante, Leopardi, Verne e chissà quanti altri hanno immaginato avventure oltre la Terra, oltre il pensabile. Loro non lo sapevano, ma queste avventure si sarebbero realizzate, sarebbero diventate concrete e li avrebbero resi, ai nostri occhi, dei visionari capaci di prevedere il futuro.
Ryan Goslin è un’ottima scelta da parte del regista, perché ci fa vedere un Armstrong che fatica, rischia, soffre per raggiungere il suo obiettivo. Il film ce lo racconta prima di tutto come un uomo, un marito, un padre e, solo in ultima istanza, come un astronauta destinato a diventare un eroe. Un uomo che dimostra una dedizione al proprio lavoro e una capacità di sacrificio e di sopportazione del rischio e della fatica che a tratti risultano inspiegabili. O, quanto meno, inducono a chiedersi se davvero ne valga la pena, se davvero abbia senso che la parte professionale della propria vita prenda il sopravvento su tutto il resto a tal punto da perdere completamente di vista la dimensione umana, affettiva, privata.
Quanta consapevolezza c’è nell’accettazione di un sacrificio così grande e così importante per il progresso dell’umanità, ma altrettanto grande e pericoloso per l’uomo Neil, la sua famiglia, le amicizie, i veri valori dell’uomo in quanto tale?
Neil Armstrong è nella memoria di tutti noi the First man, il primo che ha camminato sulla Luna, ma il film ci ricorda la fragilità e la fatica con cui accetta (o subisce) il proprio destino da eroe. In nessuna scena c’è l’eccitazione della conquista dello spazio, dell’avventura che porta oltre i confini che fino a quel momento sembravano insuperabili; l’approccio è sempre quello che si ha nei confronti di un compito che deve essere svolto, perché fa parte del proprio lavoro. Quello che è certo è che il costo di vita è altissimo per lui e per chi vive la sua stessa esperienza rimanendo a casa, sulla Terra ad aspettarlo senza sapere nemmeno se tornerà. Noi sappiamo come è andata a finire, ma i suoi amici, i colleghi, la moglie e i figli non lo sapevano affatto, così come non lo sapeva lui. Non dobbiamo dimenticare questo aspetto che non è di poco conto rispetto all’emotività. Il grande vantaggio di chi viene dopo ed è spettatore degli avvenimenti che hanno fatto la storia è sapere come le cose sono andate realmente, qual è il finale.
A volte questo permette di vivere certe emozioni forti con il sollievo del lieto fine, ma per chi è protagonista nel momento in cui accadono non c’è nulla di ovvio, nulla di già scritto. E il costo dell’incertezza in questo caso è davvero molto alto.
Un bel film, che vale sicuramente la pena vedere.