L’estate prima della guerra
“L’estate prima della guerra” è quella del 1914.
L’Arciduca Francesco Ferdinando è appena stato assassinato a Sarajevo e lo scoppio della prima guerra mondiale è una questione di giorni. Rye è un piccolo centro del Sussex, dove la vita continua a scorrere piatta e monotona come se nel resto del mondo non stesse succedendo niente.
L’unica ventata di novità è rappresentata da Beatrice Nasch, che arriva per prendere possesso dell’incarico di insegnante di latino nel ginnasio locale. Tutti si aspettano un’insignificante fanciulla, in realtà Beatrice è una giovane donna attraente, intelligente e molto colta che ha alle spalle una vita fatta di viaggi al fianco di un padre letterato morto da poco. Nonostante le usanze dell’epoca impongano alla giovane “orfana” di sposarsi, Beatrice decide di ignorare queste abitudini e preferisce mantenere la sua indipendenza vivendo del suo lavoro. L’intera vicenda ruota attorno alla percezione della guerra, che arriva estremamente filtrata ed attutita e che non lascia minimamente presagire la tragedia vera del conflitto mondiale.
La guerra ha un suo fascino ed è vissuta come un evento molto lontano, quasi si trattasse di qualcosa di mitologico; non è un caso che Beatrice faccia leggere ai suoi studenti episodi della gloriosa guerra di Troia vista attraverso gli occhi di Enea.
Quello raccontato dall’autrice è uno spaccato di vita quotidiana descritto attraverso gli occhi e i caratteri dei suoi personaggi. Come in ogni piccola realtà di paese che si rispetti, ci sono i buoni e i cattivi, personaggi animati da sentimenti onesti e solidali e altri invece dalla grettezza dell’egoismo. Tra le persone di buon cuore troviamo di sicuro Lady Agatha che si preoccupa veramente delle sorti del ginnasio e che decide di far assumere Beatrice per le sue competenze; Daniel, poeta dall’aspetto volutamente trasandato, Craigmore suo amico intimo e Hugh il giovane assistente di Sir Alex Ramsey, uno dei chirurghi più famosi e stimati d’Inghilterra. A questi si contrappongono Mrs Fothergill, la moglie del sindaco rivale di Lady Agatha, Mr Poot l’untuoso nipote del sindaco e Lord North che ricorre a tutti gli stratagemmi possibili pur di spezzare l’amicizia tra il figlio Craigmore e Daniel.
Il ritmo della narrazione non è veloce, perché lascia grande spazio alla descrizione dei personaggi e delle dinamiche sociali che li legano. È un romanzo che definirei sociale, nel quale la grande guerra è lo spartiacque tra “come si era” e “come si è”.
L’autrice Helen Simonson, attraverso i suoi personaggi descrive le barriere sociali, i pregiudizi (Snout sceglie di arruolarsi quando apprende che, in quanto figlio di padre zingaro, non potrà mai aspirare a una borsa di studio nonostante i suoi ottimi risultati in latino), la limitatezza delle aspirazioni femminili e la messa al bando delle donne che scelgono un comportamento libero (come la protagonista Beatrice), la condanna totale e definitiva delle ragazze madri (Celeste, la profuga belga vittima di uno stupro, vive una vicenda drammatica che è un piccolo romanzo dentro il romanzo), l’ambiguità di una amicizia strettissima tra due giovani ragazzi della quale non si può parlare ma che non può nemmeno essere tollerata (Craigmore si arruola nell’esercito per mettere a tacere i sospetti che nessuno può confermare, ma nemmeno smentire).
E poi, scoppia la guerra che fa da catalizzatore di tutte queste piccole vicende narrate con grande attenzione e precisione.
Il “come si era” lascia inesorabilmente spazio alla realtà tragica del primo conflitto mondiale, una dimensione nella quale non c’è più spazio per altro che per questo gigantesco dramma. La narrazione diventa più incalzante, più realistica, perché il filtro interpretativo è solo quello della guerra. La realtà dei fatti è tutta nel racconto di Hugh che, dal suo ospedale da campo in Francia, ci fa sentire l’odore del sangue e delle infezioni, ci fa vedere la crudezza delle amputazioni, delle ferite squarciate, degli occhi privi della vista, ci fa provare lo strazio del sacrificio inutile della guerra verso un ideale di gloria sempre e comunque senza senso. Sì, perché la guerra è una dimensione che non ha mai ragione di essere, nemmeno nella poesia e nella letteratura, nella falsità di versi e parole che hanno spinto intere generazioni verso sogni di gloria di fatto inesistenti.
H. Simonson, L’estate prima della guerra, Neri Pozza, 2016, pp. 541, € 18.00 (trad. C. Brovelli)