“Il deserto dei Tartari”. L’attesa di tutta una vita
Come nasce “Il deserto dei Tartari”, a mio parere un romanzo capolavoro, è lo stesso Buzzati a raccontarlo:
”dalla monotona routine redazionale notturna che facevo a quei tempi. Molto spesso avevo l’idea che quel tran tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. È un sentimento comune, io penso, alla maggioranza degli uomini, soprattutto se incasellati nell’esistenza ad orario delle città. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva.”
L’intera vicenda è ambientata in una fortezza, la Fortezza Bastiani, collocata in una zona di confine molto lontana dalla capitale di un regno immaginario. È quella la destinazione dell’ufficiale Giovanni Drogo. L’ultimo avamposto ai confini settentrionali del Regno, la Fortezza domina una pianura desolata, chiamata deserto dei Tartari, un tempo bersaglio di innumerevoli incursioni nemiche. È da molti anni, però, che non succede più nulla e la Fortezza ha completamente perso la sua importanza strategica; è rimasta solo una costruzione arroccata e solitaria di cui molti non conoscono nemmeno più la storia passata. Nonostante l’immobilità di un tempo durante il quale non succede nulla e al quale bisogna cercare di sopravvivere, il regime che regola la vita dei soldati di istanza è rimasto rigidamente militare, proprio come se si fosse in piena guerra. Drogo stesso subisce il fascino di questo ambiente, pur monotono e desolato, al punto da decidere di rimanere lì, revocando la domanda di trasferimento che aveva fatto, spinto dal desiderio di una destinazione che gli permettesse di servire la patria in modo più glorioso, da vero combattente. Alla Fortezza il tempo è scandito dall’attesa della grande occasione, un’attesa infinita, monotona e sempre uguale che accomuna gli animi di tutti i soldati. Giovanni continua ad aspettare la sua grande occasione, “la sua ora che non è mai arrivata” e in questa attesa incessante si ritrova vecchio, impotente e indifeso contro il lavoro che il tempo svolge inesorabile.
“E a più di quarant’anni, senza aver fatto nulla di buono, senza figli, veramente solo al mondo, Giovanni si guardava attorno sgomento, sentendo declinare il proprio destino“.
Finalmente la grande occasione arriva, perché i nemici vengono avvistati all’orizzonte. Dopo una vita in attesa l’intera Fortezza è in totale fermento. Tutti si preparano per il proprio momento di gloria. Tutti, tranne Drogo che, vecchio e ammalato, viene allontanato dalla fortezza per lasciar spazio a giovani in grado di combattere per la gloria della patria. Se il romanzo finisse qui si potrebbe tranquillamente utilizzare il proverbio “oltre il danno la beffa”. In realtà è vero che Giovanni ha atteso tutta la vita un momento che finalmente è arrivato, il momento del combattimento glorioso. Ma è altrettanto vero che la vera sfida per l’ufficiale non è quella della tanto amata Fortezza, ma quella che lo attende adesso.
È uscito dalla Bastiani sul carretto degli ammalati per andare nel luogo nel quale dimostrerà il suo vero valore durante la sfida più impegnativa di tutta la sua vita.
Perché questo romanzo è un capolavoro?
Perché tratta temi universali e importantissimi quali la vita e il suo scorrere, l’inesorabilità del tempo, l’importanza delle aspettative e il condizionamento che esse rappresentano nella valutazione di ciò che realmente accade o al contrario non succede. Tratta della solitudine degli uomini, dell’importanza dei loro sogni e degli effetti che provoca il fare i conti con una realtà spesso così diversa da come la si era immaginata. Il tutto in un uomo, il protagonista, descritto con dovizia di particolari, ma senza eccedere nella pedanteria tanto sterile quanto inutile. Giovanni è circondato da figure maschili di cui sono note solo poche caratteristiche e da figure femminili più evocate che realmente presenti. Molto efficace è l’uso del linguaggio che è usuale, ma per nulla casuale. La scelta lessicale è molto accurata, perché l’autore sente il bisogno di condividere con il lettore tutto il coinvolgimento emotivo del protagonista nei confronti di una situazione frustrante, ma al contempo talmente affascinante da impedirgli di andarsene, anche se ne avrebbe avuto la possibilità. Una narrazione talmente ben strutturata da sembrare fuori dal tempo storico e dallo spazio geografico reale proprio mentre descrive una vicenda cronologicamente e geograficamente collocata con grande precisione.
D. Buzzati, Il deserto dei tartari, Mondadori, 2016, pp. 221, € 12.00