‘La biblioteca di Parigi’. I libri sono la luce
Parigi, 1940. I libri sono la luce. Odile non riesce a distogliere lo sguardo dalle parole che campeggiano sulla facciata della biblioteca e che racchiudono tutto quello in cui crede. Finalmente ha realizzato il suo sogno. Finalmente ha trovato lavoro in uno dei luoghi più antichi e prestigiosi del mondo. In quelle sale hanno camminato Edith Wharton ed Ernest Hemingway.
Odile, la protagonista de ‘La biblioteca di Parigi’ di Janet Skeslien Charles ha realizzato il suo sogno, diventare bibliotecaria alla American Library di Parigi che utilizza la Classificazione Decimale Dewey per organizzare i propri scaffali. È un sistema – Odile lo conosce a memoria – basato unicamente su stringhe di numeri decimali utilizzate per tradurre le informazioni necessarie per stabilire la collocazione dei volumi. La gioia e la felicità di questo momento in cui pare che tutto vada nella direzione giusta durano poco, perché siamo nel 1939 e la guerra, che sembrava ancora così lontana, in realtà è alle porte di Parigi. Il suo arrivo porta con sé l’arruolamento dei giovani, la discriminazione razziale che significa denunce, limitazioni e persecuzioni contro gli ebrei (e i “diversi” in generale) e tutti gli orrori che conosciamo. Tutto questo tocca da vicino anche Odile che, insieme ai compagni di lavoro, ha un’unica possibilità per fare qualcosa di concreto e opporsi a questo disastro: continuare a tenere aperta la biblioteca e trovare il modo di far circolare i libri nonostante tutto e tutti.
Lo staff della biblioteca di Parigi, inizia a mandare i libri ai soldati al fronte, li consegna a casa degli utenti affezionati che, per la sola colpa di essere ebrei, non potevano più accedere alle sale di consultazione e lettura. Odile è disposta a tutto pur di portare avanti questa sua missione e difendere i libri e chi li ama, perché ne capisce la potenza e l’importanza.
La lettura offriva un’evasione, qualcos’altro a cui pensare, un’intimità della mente.
Scappata dalla Francia durante la seconda guerra mondiale, Odile si trasferisce in America dove vive appartata, in solitudine. La ritroviamo nel 1983 – qui inizia la seconda linea narrativa – quando la giovane Lily, l’altra protagonista, riesce ad avvicinarla con la scusa di una relazione su un libro ambientato in Francia. Tra le due donne, che si alternano nel racconto, nasce un’amicizia molto particolare, fatta di rispetto, fiducia e capacità di ascolto reciproco.
Tutti commettiamo degli errori, ma il modo in cui ci assumiamo la responsabilità delle nostre parole e delle nostre azioni rivela chi siamo davvero.
Dopo più di quarant’anni, Odile trova il coraggio di confidarsi con Lily che cresce, matura e diventa donna attraverso le parole e i consigli della sua nuova amica.
‘La biblioteca di Parigi’ è un romanzo storico; racconta la storia vera di persone realmente esistite, un capitolo poco conosciuto della seconda guerra mondiale a Parigi. Una vicenda che mette in luce uno dei tanti atti di coraggio che le persone hanno compiuto per cercare di opporsi a una situazione di assurda devastazione.
Janet Skeslien Charles riesce a trasmettere il clima di tensione e di paura e ha la capacità di rendere tangibili il coraggio e la determinazione dei protagonisti di questa vicenda, a rischio della propria vita.
Un romanzo da leggere per conoscere e non dimenticare; un episodio durissimo del nazismo reso più sopportabile dalla lettura. Ne ‘La biblioteca di Parigi’ i libri hanno un ruolo fondamentale, come è giusto che sia, ma non risultano mai inopportuni, invadenti, poco credibili. Ne vengono citati tantissimi e non lo sono mai a sproposito. La loro è una funzione salvifica, già solo per il fatto di rendere più sopportabile una situazione totalmente priva di senso.
Una lettura intensa e necessaria come tutte quelle che forniscono una testimonianza storica vera, in questo caso di insensata distruzione affrontata con coraggio e sacrificio. Nelle pagine di questo libro sembra di sentire le voci di Odile e Lily che si mettono in gioco in prima persona e si assumono la responsabilità di se stesse e degli altri; non è il lettore che legge, ma sono le due protagoniste che raccontano.
Il linguaggio è un cancello che possiamo aprire e chiudere sulle persone. Le parole che usiamo danno forma alla percezione, così come i libri che leggiamo, le storie che ci raccontiamo a vicenda e quelle che raccontiamo a noi stessi.
J. Skeslien Charles, La biblioteca di Parigi, Garzanti, 2020, pp. 400, € 17.90 (trad. R. Scarabelli)