Arrival: la mancanza di dialogo ci rende Alieni
Il mio primo impegno è raccontarvi la trama senza svelarne interamente i segreti.
Nel mondo all’improvviso galleggiano dodici uova aliene giganti, che nel film sono dette “gusci”, in attesa di un contatto con il genere umano. Louise, una luminare della linguistica, viene reclutata dall’esercito degli Stati Uniti, insieme al fisico teorico Ian, con il compito di entrare nel gigantesco monolite che fluttua a pochi metri dal suolo e stabilire un contatto con gli extraterrestri per cercare di capirne le intenzioni. L’incarico è tutt’altro che semplice, perché per stabilire un dialogo, la linguista deve per prima cosa trovare un alfabeto comune, un codice comunicativo in grado di creare la comunicazione tra gli umani e gli extraterrestri. Tutto questo in un clima di panico e di totale emergenza da parte delle dodici potenze mondiali che hanno sul loro territorio una delle uova misteriose.
La fantascienza è, per definizione, un “genere letterario, estesosi poi al cinema, in cui l’elemento narrativo si fonda su ipotesi o intuizioni di carattere più o meno plausibilmente scientifico e si sviluppa in una mescolanza di fantasia e scienza” (http://www.treccani.it/enciclopedia/fantascienza/). Se accettiamo questa definizione, siamo di fronte ad un film sicuramente di genere fantascientifico, perché gli alieni non sono ancora atterrati nemmeno una volta sulla terra (almeno credo), con un grosso fondamento scientifico, ovvero il tema del linguaggio. Alla fretta e alla grossolanità con cui l’esercito americano vuole a tutti i costi dare una risposta alle due domande fondamentali, ovvero chi siano e che cosa vogliano questi alieni, si contrappone la lentezza e la precisione che occorrono alla linguista per stabilire un contatto comunicativo. Louise è ben consapevole che acquisire un linguaggio nuovo significa anche avere la possibilità di un modo di pensare diverso, oltre che avere l’occasione di riprogrammare il proprio cervello. Per stabilire un dialogo, occorre creare un punto di incontro convenzionale e non ambiguo tra l’alfabeto degli umani e i pittogrammi con i quali gli alieni si esprimono. Trovare una corrispondenza tra il codice alfabetico umano e i disegni dell’altro è l’operazione che permette di ripristinare l’ordine che l’arrivo di queste uova fluttuanti ha sovvertito. Tutto ciò che è diverso, tutto ciò che è inaspettato crea panico, stress, perché è percepito come qualcosa che sovverte una realtà di fatto consolidata, che percepiamo come sicura, semplicemente perché entrata a far parte dell’abitudine.
Mi viene in mente il filosofo Edgar Morin e la sua teoria della complessità. Esistenza, conservazione ed evoluzione, sono guidate dalla trilogia ordine/disordine/organizzazione. In ogni sistema, c’è una continua alternanza di situazioni ordinate e disordinate; l’organizzazione è il passaggio, il metodo, che regolamenta l’alternanza dei due stati. Nel film, l’arrivo degli eptapodi, gli alieni che abitano i monoliti a forma di uovo, è il fattore che crea disordine rispetto ad una situazione data, che non li prevede e noi umani percepiamo come ordinata. È il fattore inaspettato che genera il panico. Per ripristinare l’ordine è necessario capire il perché di questa situazione, individuare le loro intenzioni, decifrare il senso della loro venuta. Stabilire un dialogo comprensibile tra noi e loro è l’elemento organizzazione; creare un codice comunicativo è il passaggio che ripristina una situazione che, in questo stato di profonda incomunicabilità, è totalmente compromesso.
È un approccio molto diverso rispetto a quello sanguinoso in cui l’unica soluzione possibile è una guerra contro l’altro da noi, contro ciò che non si capisce. Questa volta la guerra è lasciata come scelta estrema alla quale ricorrere solo qualora non ci sia la possibilità di comunicare, qualsiasi sia il codice espressivo scelto. La comunicazione è un fatto culturale e non solo un meccanismo frutto di una convenzione. Louise è ben consapevole di ciò, così come sa perfettamente che deve risolvere un enigma e non un mistero. La differenza tra enigma e mistero? Di fronte ad un enigma si trova quasi sempre una spiegazione razionale, mentre il mistero è ciò che proprio non si può comprendere.
Vi chiederete quale sia il ruolo di Ian, lo scienziato teorico. Avete ragione, non ne ho parlato per nulla, ma se lo avessi fatto vi avrei rivelato davvero troppo del film. Vi avrei rivelato l’inizio, ma anche la fine. In che senso? Non vi resta che andare al cinema!