L’airone e l’aquila: due modi diversi di interrogarsi sul senso della guerra
“L’airone e l’aquila” è un libro che parla all’interiorità del lettore già a partire dalla copertina. Un disegno eseguito con tecnica mista, ma che risulta di una delicatezza straordinaria. All’interno, due storie di guerra raccontate dalle due bambine che si ritrovano in mezzo ad uno scenario decisamente più grande di loro. Due guerre lontane nel tempo, ma vicine per le situazioni che creano. Due forme di narrazione molto diverse, ma caratterizzate dalla profondità e dalla delicatezza con cui raccontano.
Cecilia vive sulle sponde del Ticino, tra Piemonte e Lombardia e ci racconta la seconda guerra mondiale. Anzi meglio, non la racconta a noi, la racconta al suo diario, sul quale scrive dal 15 settembre al 10 dicembre 1942. La percezione che ha della guerra è ovattata. Cecilia si rende conto che è una situazione difficile, anomala, che fa soffrire, ma avverte che i veri meccanismi della guerra le sfuggono completamente. È Matteo, un fuggiasco che è riuscito a scappare dai campi di concentramento della Slovenia, che la aiuterà ad acquisire la consapevolezza che “non c’è una guerra giusta”.
“So che si raccontano un sacco di bugie e ho capito da che parte devo stare. Un giorno, quando sarò grande, viaggerò e vedrò con i miei occhi.”
È questa la promessa che Cecilia fa al suo diario e a se stessa.
Yamina, invece, vive il conflitto libano-israeliano del 2006 a Beirut. Il racconto non è un diario, ma ha lo stesso registro narrativo. È comunque una bambina che subisce una guerra che non capisce e che “in certi momenti si sente così, come sospesa su una terra traballante, una funambola su un filo teso tra case che potrebbero crollare da un momento all’altro”.
Cecilia incontra e ascolta Matteo. Yamina incontra e ascolta una reporter di guerra. Non una giornalista qualsiasi, ma proprio Cecilia che ha mantenuto la sua promessa. È diventata grande, viaggia, vede con i suoi occhi e racconta.
Le due guerre, quella di Cecilia e quella di Yamina non sono più lontane nello spazio geografico e nel tempo. Sono la stessa, combattuta in nome di ideali tanto assurdi quanto inutili.
Questo è un libro che parla di guerra, di violenza, di morte, di distruzione, di fame, dell’assurdità di una dimensione nella quale non ci sono mai né vincitori né vinti. La straordinarietà è che ne parla con delicatezza, con amore, attraverso l’ingenuità delle bambine che non capiscono il tutto che accade, ma ne intuiscono la tragica insensatezza. Due storie non urlate, ma raccontate a bassa voce, con rispetto e profondità, senza il compiacimento voyeuristico del sangue che gronda da ogni singola pagina. Il diario è una forma narrativa intimistica, in cui chi scrive lo fa senza alcuna protezione, senza schermatura. Contiene il profondo di chi scrive e parla al profondo di chi legge. È per questo che per leggere un diario, bisogna entrare in punta di piedi, sottovoce, con grande rispetto.
“L’airone e l’aquila” è un titolo simbolico. Fin dall’antichità, gli animali sono stati i protagonisti di favole con le quali si descrivono comportamenti e situazioni in maniera metaforica. Basti pensare a Esopo e Fedro, rispettivamente nel mondo greco e romano. In questo caso, credo che il senso stia nel percorso di crescita e di acquisizione della consapevolezza che avviene nelle due bambine. La prima parte si chiama “L’airone” e la seconda “L’aquila”. L’airone rappresenta l’inizio, quando Cecilia è immersa completamente nella guerra e non riesce a vederla quale realmente è. Sì, perché vista dall’interno, non può essere analizzata e compresa nella sua complessità. Poi la bambina cresce e diventa adulta. Spicca il volo e, come l’aquila, si alza talmente in alto da poter comprendere cosa significa quella assurdità chiamata guerra.
“Ho chiesto a Matteo se preferirebbe essere un’aquila o un airone.
– Preferire in che senso? – Ha detto lui.
– Per come vivono.
– Non so bene come vivano, ma l’airone mi sembra più tranquillo.
– Certo – ho risposto – però non vede tutte le cose che vede l’aquila.
– Questo perché l’aquila vola talmente in alto che ha una visione allargata del mondo.
Anche io voglio avere una visione allargata del mondo”
Alessandra Perotti ha una grandissima sensibilità, con la quale ci accompagna attraverso un percorso di riflessione molto profonda su un tema cruciale quale il senso della guerra. Ci aiuta a comprendere che, nella vita, non è mai troppo tardi per iniziare a porsi delle domande. Resta il fatto che ha senso farlo, solo se siamo davvero disposti a cercare e ad ascoltare le risposte.
“All’inizio credevo che questa guerra fosse giusta, che ci fossero dei nemici da combattere perché ci minacciavano e che tutto avvenisse per una buona causa. Adesso ho tanti dubbi: sulla guerra, sulle buone intenzioni, su quello che sta accadendo. … chissà se siamo ancora in tempo a recuperare, a salvare qualcosa …”
Alessandra Perotti – L’airone e l’aquila – La Memoria del Mondo Libreria Editrice – 2008 – 138 pp. – 13,50 €