Demone bianco. “Una storia di dislessia”
Chi è Giacomo Cutrera e qual è il “Demone bianco” di cui parla in questo libro? Giacomo è un ragazzo dislessico e proprio ciò che sta attorno alla sua dislessia è il suo demone bianco. Classificata nella categoria dei Disturbi Specifici di Apprendimento, la dislessia non è una malattia, ma è di sicuro un “problema” difficile da affrontare, soprattutto quando il contesto scolastico non ha gli strumenti per riconoscerla e per gestirla. Cutrera adesso è un adulto, ovviamente ancora dislessico, è laureato e non ha mai smesso di parlare della sua esperienza con il chiaro intento di essere di aiuto a tutte le persone che la vivono e a tutte quelle che, pur non vivendola in prima persona, hanno comunque a che fare con questa caratteristica.
“Demone bianco” racconta una storia semplice, un’esperienza concreta narrata in prima persona da chi con questo disagio ha dovuto convivere in un tempo in cui non se ne sapeva molto. Un tempo in cui, in particolare, non ne sapevano molto gli insegnanti che ha incontrato nel suo percorso scolastico.
“Ho odiato i miei docenti per il loro menefreghismo e la superbia che li spingeva a non ascoltarmi, ma oggi so che non è in loro l’origine del male che ha distrutto la mia vita. L’ignoranza ha forgiato quegli anni terribili, dall’ignoranza dei miei professori sono nate quelle frasi assurde che mi sono state affibbiate e, purtroppo, quell’ignoranza esiste ancora.”
Questo è lo stato d’animo creato dalla situazione che ha dovuto affrontare Giacomo durante il suo percorso scolastico fino alla scuola superiore. Questo è il motivo per cui ha scelto di mettere a disposizione di tutti la sua esperienza. “Demone bianco” è un libro speciale, perché nasce dalla constatazione che la mancanza di comunicazione, di consapevolezza e di conoscenza sono alla base di qualsiasi disagio che non viene gestito. È un libro speciale, perché il mezzo comunicativo è di certo il più difficile per Giacomo, proprio per il suo essere dislessico. È un libro speciale, perché non è un romanzo, ma una “testimonianza”. Il racconto è lucido e oggettivo. È la narrazione di tutto ciò che Cutrera bambino ha dovuto sopportare e subire da parte di insegnanti e compagni di scuola che non si sono mai posti il problema di indagare una situazione quanto meno strana. Giacomo è ben consapevole che c’è in lui qualcosa che non funziona nel rapporto con la lettura e la scrittura, ma non sa come spiegarlo e come affrontarlo. Non si arrende e continua a studiare, nonostante la fatica e la solitudine generata dall’incomprensione da parte di chi avrebbe dovuto aiutarlo. È alla scuola superiore che un problema, che sembrava insormontabile, viene indicato con il suo nome, dislessia. Basta questo per ridimensionarlo e renderlo gestibile.
Dare alle cose e alle situazioni il loro giusto nome è il primo passo per renderle affrontabili.
Non c’è nessuna presunzione nell’autore, non è esperto di dislessia e non si pone come tale. In “Demone bianco”, semplicemente, decide di rivivere la propria fatica di imparare e di metterla a disposizione degli altri. Gli anni della scuola elementare e, ancora di più quelli della scuola media, sono stati caratterizzati da una fatica terribile, spesa per leggere, scrivere e studiare, attività che, per chi non ha disturbi specifici di apprendimento, sono totalmente gestibili e, perché no, anche piacevoli. Quella che emerge è la difficoltà di relazionarsi con persone che non avevano competenza nei confronti della dislessia, ma ciò che è peggio, non si sono mai interrogati su una situazione quanto meno strana.
I sentimenti che emergono dalla scrittura di questo ragazzo, valgono più di mille parole. Leggere di come lui bambino abbia tentato in tutti i modi e in totale solitudine di capire come poter uscire dalla condizione di “lazzerone” e “scansafatiche” come lo avevano etichettato i suoi insegnanti, fa venire i brividi.
Cutrera, il cui slogan è “non leggo, ma lasciatemi scrivere”, fa un’affermazione sulla quale è doveroso soffermarsi a riflettere:
“La scuola è lo specchio di una intera società. Se non impariamo la differenza fra il sapere e il mero nozionismo, se non capiamo che é meglio fare un esercizio per capire rispetto a cento esercizi per imparare a memoria e ancora se non ci é chiaro che valutare un alunno é una cosa più profonda e complessa di un quiz, allora non siamo pronti. Una società che non é pronta insegna cose sbagliate e perde occasioni importanti. Pensate a quanti personaggi anche geniali sono stati definiti a scuola come buoni a nulla per poi sbalordire il mondo una volta usciti. Il loro successo é lo specchio di un grave fallimento di chi poteva essere un buon maestro e invece è stato solo un cattivo esaminatore.”
Se posso darvi un consiglio, concedetevi il tempo per leggere questa testimonianza, disponibile in rete e molto facile da reperire anche gratuitamente.
Vale per la dislessia, ma anche per qualsiasi altra situazione di disagio. Vale nella scuola e vale nella vita. Nelle relazioni, a qualsiasi livello, occorrono consapevolezza, senso di giustizia, umiltà, capacità critica e grande disponibilità all’ascolto.
G. Cutrera, Demone bianco, 2008, pp. 147