Cristo si è fermato a Eboli. Un altro mondo all’interno del nostro mondo
“Cristo si è fermato a Eboli” è un romanzo autobiografico di Carlo Levi che l’autore stesso nella sua prefazione descrive in questo modo:
“Come in un viaggio al principio del tempo, Cristo si è fermato a Eboli racconta la scoperta di una diversa civiltà. È quella dei contadini del Mezzogiorno: fuori della Storia e della Ragione progressiva, antichissima sapienza e paziente dolore. Il libro tuttavia non è un diario; fu scritto molti anni dopo l’esperienza diretta da cui trasse origine, quando le impressioni reali non avevano più la prosastica urgenza del documento.”
In questo romanzo Carlo Levi racconta il periodo che, a causa della sua attività di antifascista, ha dovuto trascorrere al confino in Basilicata. È una permanenza forzata che dura per tre anni, durante i quali l’autore si trova a fare i conti con una realtà completamente diversa da quella alla quale era abituato. Eboli è la città campana dove, all’epoca del romanzo finiva la strada, si fermava la ferrovia e perfino Cristo non era andato oltre.
“«Noi non siamo cristiani, – essi dicono, – Cristo si è fermato a Eboli». Cristiano nel loro linguaggio vuol dire uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l’espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità.”
Eboli segnava di fatto la fine della civiltà, rappresentava per così dire il confine oltre il quale la realtà del quotidiano diventa diversa. Levi deve fare i conti con questa condizione in tutto, a partire dalle piccole cose, come ad esempio trovare una donna che fosse disposta ad aiutarlo nelle faccende domestiche.
“Il problema era più difficile di quanto non credessi: e non perché mancassero donne a Gagliano, che anzi, a decine si sarebbero contese quel lavoro e quel guadagno. Ma io vivevo solo… e nessuna donna poteva perciò entrare, da sola, in casa mia. Lo impediva il costume, antichissimo e assoluto, che è fondamento del rapporto fra i sessi.”
Emblematica è la definizione di costume antichissimo e assoluto.
La realtà sociologica nella quale Levi si trova costretto dal confino è scandita da un tempo che affonda le proprie radici nel mito e nella magia più che nella realtà. Ogni azione, ogni comportamento, ogni parola che pronuncia devono fare i conti con il disallineamento profondo tra nord e sud. Disallineamento al quale lo Stato italiano dimostra di non riuscire a fare fronte, perché non è in grado di colmare la distanza storica e temporale che separa l’Italia a nord di Eboli da quella che sta al sud.
Questo di Carlo Levi è un meraviglioso romanzo autobiografico, ma è anche un trattato sociologico, antropologico e storico politico.
Levi non si limita a raccontare ciò che ha vissuto in Lucania. Il suo raccontare è sempre arricchito da riflessioni che derivano dalla constatazione quotidiana e oggettiva di una profonda differenza tra la sua esperienza di civiltà e quella in cui si trova quella parte di mondo nel quale
“non è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la storia.”
Carlo Levi non fa giri di parole e non fa sconti a nessuno. Il racconto è duro, a tratti brutale, ma il sentimento che sottende a tutta la narrazione è una grande tristezza. La tristezza di chi si rende conto che, di fronte a quel pezzo di meridione, nessuno ha mai fatto nulla. Cristo si è fermato a Eboli è un romanzo che entra nel cuore e dal quale, dopo averlo letto, non si può più prescindere. È un racconto della Basilicata che riaffiora alla memoria ogni volta che andiamo a visitare quelle terre descritte come così distanti ma anche così affascinanti da assumere quasi i tratti di un paesaggio inserito in un tempo mitico.
C. Levi, Cristo si è fermato a Eboli, Einaudi, 2014, pp. 280, € 12.00