“Ti aspetto qui”. L’autobiografia come prova di coraggio
“Ti aspetto qui” è l’autobiografia di Alessandra Perotti, una persona a me molto cara e una grande professionista della scrittura. L’ho letta tutta d’un fiato e ne sono rimasta totalmente affascinata. Talmente affascinata, che ho pensato che sarebbe bellissimo se fosse proprio Alessandra a raccontare qualcosa di sé e del suo libro. Ha accettato di rispondere a qualche domanda e quindi, con grande emozione, condivido questa preziosa intervista.
Ciao Alessandra e grazie per questa opportunità preziosa che ci regali. Se ti chiedessi di presentarti in dieci righe cosa scriveresti?
Grazie a te Cecilia per la tua attenzione.
Amo scrivere e seguire le evoluzioni della scrittura, per questo ho voluto che fosse il mio lavoro per potermi dedicare a questo in modo profondo e quotidiano. Non mi stanco mai di scrivere, di studiare, di leggere. Ho scritto romanzi e libri per bambini, un manuale di scrittura creativa e mi sembra che ci sia ancora un mondo da esplorare, grandi scrittori e opere da cui trarre insegnamento. Sono editor, writer coach e cultrice di autobiografia. Ho una bella famiglia, amo nuotare e camminare, un debole per i film di fantascienza e fantasy, leggo di tutto ma adoro i libri per bambini di Roald Dahl, devo sempre avere con me un cambio di scarpe. Un buon vino bianco o un caffè bevuto di fronte al mare sono la mia idea di relax, il mio tempo prezioso.
Cosa rappresenta per te la scrittura?
Una passione totalizzante: nata presto e diventata parte di me.
Un lavoro che amo.
Una sfida: la scrittura è comunicazione quindi si evolve ogni giorno e chi si occupa di scrittura deve essere pronto, cogliere i segnali, i mutamenti, le avanguardie.
Uno sguardo sul mondo: la scrittura acuisce il tuo modo di osservare la realtà.
Una sorpresa: scrivere mi riserva sempre sorprese perché è un atto rivelatorio.
Un’emozione: quando leggo pagine vere, profonde, originali mi emoziono.
“La scrittura è l’ignoto. Prima di scrivere non si sa niente di ciò che si sta per scrivere e in piena lucidità.” Una citazione di Marguerite Duras che fa molto riflettere, ma che io trovo incoraggiante soprattutto per chi è alle prime armi. È una interpretazione che condividi?
La condivido senza dubbio, è vero nella prima fase di ogni lavoro di scrittura poi però lo scrittore deve essere ben consapevole dei suoi scritti, li deve rivedere, organizzare, revisionare. Ci sono invece molti autori che pianificano il testo in ogni dettaglio prima di iniziare a scrivere, lasciano poco margine all’ignoto (che però può coglierti anche nel mezzo del cammino). Penso che il rapporto con la scrittura sia anche molto soggettivo. Per esperienza posso dire che navigare a vista non aiuta ma neppure porsi limiti troppo rigidi.
Scrivere è una operazione complessa, ma scrivere la propria autobiografia credo lo sia ancora di più. Sì, perché le regole della scrittura, quando si tratta di parlare di se stessi un po’ vengono meno. La tecnica è e rimane importante, ma la componente emotiva è esponenzialmente più alta. È così?
Quando si parla e si scrive di se stessi dovremmo sentirci più liberi, più slegati dalla tecnica. L’autobiografia deve essere una narrazione mossa dal pensiero e dalla nostra interiorità. Certo, la componente emotiva è quella basilare ma anche qui ad un certo punto dobbiamo darci un percorso, fare delle scelte di genere (possiamo raccontarci attraverso il genere epistolare o scegliere i memoires, per esempio), di stile, linguaggio: tutto questo fa parte della scrittura. Sempre. Sostanza e forma servono una all’altra, perché la vera voce emerga forte, potente, vera.
Come, ma soprattutto perché si arriva alla scrittura di sé?
Sono diversi i motivi che spingono a narrarsi: per bisogno di raccontare fatti e momenti difficili della vita, per fare chiarezza sulle nostre scelte e sciogliere nodi, per lasciare testimonianza, per autoanalisi, per compiere un viaggio difficile e meraviglioso.
Come è nata l’idea di “questa” autobiografia? Intendo dire, come è successo che hai raccontato determinati episodi e non altri?
Questa autobiografia è un lavoro che ha radici nel mio percorso alla LUA, Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (Arezzo) anche se da molto tempo mi dedico alla scrittura autobiografica. Proprio per questo: per seguire le persone in questo percorso, per parlare di narrazione di sé ho sentito l’esigenza e il dovere di cimentarmi in prima persona, di immergermi nella mia storia e la cosa stupefacente è che più scrivi di te e ti guardi dentro più senti che “la mia storia è la tua storia”, che ogni vita comunica con le altre, le condivide, le comprende e ne è compresa.
Se ti chiedessi di aggiungere qualcosa di te che nel racconto non compare, cosa diresti?
La parte peggiore di me l’ho taciuta di proposito! Scherzo, però ci sono tanti momenti vissuti, tante persone importanti di cui non ho scritto. Mi piacerebbe – ma dovrei fare un altro libro – raccontare di tanti bei momenti trascorsi parlando di scrittura, libri, autori. E poi ecco vorrei dire che adoro bere il caffè in compagnia, mai da sola, che ne dici, ce lo prendiamo un caffè Cecilia?
Consiglieresti di scrivere l’autobiografia e perché?
Certo, non mi stancherò mai di dire quanto faccia bene narrarsi. Ci sono tecniche che ci aiutano a stimolare la memoria involontaria e portano a galla ricordi, momenti, persone che non ricordavamo, a volte ci rivelano parole e sensazioni che possono essere di aiuto nel presente che stiamo vivendo. Inoltre, è una scrittura che porta chiarezza, fa ritrovare il senso di una strada e ha la forza di portare pace in tante situazioni.
Bellissime risposte! Io credo che adesso non possiate non leggere “Ti aspetto qui”
Alessandra Perotti, Ti aspetto qui, Writingway, 2017, pp. 80, € 12.00