La disputa felice. Dissentire senza litigare sui social network, sui media e in pubblico
Sappiamo che è impossibile non comunicare e sappiamo anche che tutte le epoche storiche hanno fatto i conti con questa realtà e hanno cercato una loro definizione di “comunicazione efficace”. Per Seneca una cosa era realmente conosciuta se la si sapeva spiegare ed insegnare a un altro; per Einstein conoscere davvero una cosa significava essere in grado di spiegarla alla nonna; nella cultura televisiva la comunicazione poteva dirsi efficace se era in grado di catturare l’attenzione di un dodicenne. Tutte definizioni condivisibili, che si riferiscono ad un contesto comunicativo tutto sommato limitato e controllabile.
“Oggi, nell’epoca della disputa generalizzata, in cui ognuno ha spazio per intervenire, per insegnare, per dire qualcosa senza filtri, occorre correggere queste prospettive, aggiungendo quella cruciale: per capire e conoscere una cosa devi saperla spiegare anzitutto a chi non è d’accordo.”
La rivoluzione del web ci pone di fronte a questa nuova sfida. Nessuno di noi può più permettersi di selezionare i propri interlocutori. Le nuove tecnologie, i social network ci mettono in correlazione con tutto il mondo e ci offrono una grande libertà di azione e di parola. La retorica classica insegnava che aveva senso iniziare un dibattito solo con chi era disposto a collaborare. Oggi non è più così: tutti siamo vicini a tutti, tutti ascoltiamo tutti e possiamo parlare con tutti. Questa è la ragione per cui la comunicazione che funziona è quella che permette di relazionarsi con chi non è d’accordo con noi, senza arrivare allo scontro violento, al litigio.
Anche perché, laddove inizia il litigio, finisce la possibilità di confronto.
“Il termine ‘disputa’ significa dibattito, discussione vivace su un particolare argomento, ma anche diverbio, alterco, e si può usare anche riferendosi allo svolgimento di una gara, di una competizione sportiva. Tutto in questa parola parla di un confronto che si deve svolgere e deve avere un elemento di competizione, quasi di lotta”.
L’obiettivo non è quello di evitare il confronto, ma di imparare a esprimere la propria opinione, rimanendo ancorati al contenuto della disputa, senza trascurare l’aspetto relazionale. Il contenuto è il fulcro del confronto, ma è indispensabile tenere presente che gli aspetti non verbali sono quelli che possono davvero fare la differenza. Ciascuno di noi, quando comunica, non si esprime in maniera asettica, ma mette sempre un po’ di sé in ciò che dice. Ecco perché i modi sono così determinanti. Il filtro rappresentato dal monitor, che si frappone tra gli interlocutori, non impedisce all’atteggiamento comunicativo di assumere un ruolo decisivo, specie quando la disputa è tra persone che non condividono la stessa opinione. Quando ci si confronta a quattr’occhi l’atteggiamento del corpo, il tono di voce, la gestualità, la distanza che interponiamo tra noi e l’altro dicono molto di più delle parole stesse. Disputare sui Social o comunque a distanza, non elimina questi fattori, semplicemente li adatta al nuovo mezzo. Ecco che hanno un significato importantissimo l’uso della punteggiatura, la scelta dello stampatello, la capacità di utilizzare espressioni che sdrammatizzano, che non aggrediscono, che comunicano senza giudicare; perfino il tempo che intercorre tra la lettura di un messaggio e la risposta che diamo ha un valore comunicativo imprescindibile.
“Discutere è occuparsi costantemente dei due livelli di ogni comunicazione: il contenuto e la relazione. In una specie di paradosso: proprio per mantenere la focalizzazione sui contenuti bisogna curare molto la relazione.”
Per non litigare, quindi, occorre rimanere fedeli a tre atteggiamenti di base:
- rifiutare il pensiero binario che esprime giudizi e non permette di approfondire il tema del confronto
- ricordare la presenza della “massa silenziosa“ di tutte le persone che, anche se non entrano direttamente nella disputa, ascoltano e leggono ciò che scriviamo, con particolare attenzione non solo ai contenuti, ma anche ai modi
- non sottovalutare la possibilità di lasciar perdere. Non siamo sempre obbligati a raccogliere le provocazioni e a entrare in dispute che non ci interessano o non ci riguardano.
Bruno Mastroianni, con La disputa felice, ci aiuta a comprendere come possiamo disputare senza litigare e come questa abilità comunicativa sia l’unica che ci consente di ampliare i nostri orizzonti cognitivi e relazionali accogliendo soprattutto chi non è d’accordo.
B. Mastroianni, La disputa felice. Dissentire senza litigare sui social network, sui media e in pubblico, Franco Casati Editore, 2017, pp. 124, € 12.00