7-7-2007: molto più di una data
7-7-2007 non è una data qualsiasi. Evocativa già nella forma, è la data per eccellenza nella storia di Rocco Schiavone. È la data in cui succede la tragedia che lo trasforma in quello che è, con le caratteristiche che ce lo hanno fatto amare in tutti i romanzi che Manzini ha scritto prima di questo. Il 7-7-2007 è il giorno in cui la vita di Rocco Schiavone cambia tragicamente e la felicità lascia spazio al rimorso e al senso di colpa.
Questo romanzo, dopo un inizio che ci catapulta direttamente nei fatti che hanno portato al dramma, è interamente giocato tra passato e presente, in un flashback al quale Rocco è costretto, suo malgrado, dal questore Costa e dal sostituto Baldi. I fatti ci riportano a Roma, nell’estate del 2007 quando da tre giorni Marina, la moglie adorata di Rocco, è tornata dai genitori dopo aver scoperto, dai rendiconti bancari, che suo marito ha l’abitudine, o meglio il vizio, di arrotondare il suo stipendio da vicequestore in maniera non proprio lecita, aiutato dai suoi tre inseparabili amici d’infanzia. Negli stessi giorni, due giovani ventenni vengono brutalmente assassinati e Rocco inizia ad indagare di giorno, mentre di notte pensa a come convincere sua moglie a tornare da lui. Le indagini portano Schiavone direttamente al mondo dei trafficanti di droga nel quale i due ragazzi si erano infilati, spinti dall’illusione del guadagno facile e senza pericoli. Schiavone ha un grande fiuto e riesce sempre ad individuare la pista giusta quando ha pochissimi indizi, ma anche quando ne ha talmente tanti da diventare poco credibili. Anche in questo caso, con grande acume, riesce a individuare la pista giusta fino ad arrivare alla soluzione che per lui si trasforma nell’evento più tragico di tutta la vita. È il romanzo in cui Manzini ci permette di fare una conoscenza più approfondita del suo eroe che è anche il nostro eroe. Rocco è ben lungi dall’essere il personaggio ineccepibile, privo di difetti, talmente perfetto da essere per certi aspetti poco credibile. Schiavone è umano, capace di provare sentimenti profondi di amore, rabbia, sconforto. È il vicequestore che non si lascia scappare l’occasione di fare giustizia a modo suo e nel caso del suo amore più grande di vendicarsi senza alcuna pietà.
Mi piace molto il modo di scrivere di Manzini. Il ritmo è sempre quello giusto e anche la scelta del registro linguistico è funzionale alla descrizione degli stati d’animo del suo protagonista. Toni pacati nei momenti di riflessione e di dialogo con se stesso, toni molto più accesi quando l’azione deve essere percepita come incalzante, decisiva. Schiavone è sempre se stesso, cerca di controllarsi in alcune situazioni per così dire istituzionali, ma è quello che ogni mattina prima di qualsiasi altra cosa si fuma uno spinello, perché senza quello non riesce a cominciare a pensare a niente. Anche l’abbigliamento ci fa fare il tifo per lui; nessuna ricercatezza, nessuna finzione, ma un look esattamente come te lo aspetti da uno così.
Se dovessi dare un consiglio a chi di Rocco Schiavone non ha ancora letto nulla, direi di non cominciare da questo ultimo romanzo, perché iniziare da qui toglie un po’ di fascino ad un personaggio bellissimo. È bello leggere le indagini di questo vicequestore nell’ordine in cui Sellerio le ha pubblicate, perché ha senso l’operazione letteraria pensata e progettata da Manzini. Conoscere tutto e subito di Rocco Schiavone è un vero peccato. In fondo a me è piaciuta molto l’idea di non riuscire a capire immediatamente il perché del suo essere così burbero, così manesco, dal linguaggio a volte tremendamente scurrile. In una frase sola, il perché del suo essere così umano.
A. Manzini, 7-7-2007, Sellerio, 2016, pp.369, € 14.00