Prendiluna: un racconto tra sogno e realtà
“Una notte in una casa nel bosco, un gatto fantasma affida a Prendiluna, una vecchia maestra in pensione, una Missione da cui dipendono le sorti dell’umanità. I Diecimici devono essere consegnati a dieci Giusti.”
Questo di Stefano Benni potrebbe essere il racconto di un sogno, di un’allucinazione, di una fiaba, ma anche di una verità. Io l’ho letto come una fiaba, perché a me le fiabe sono sempre piaciute e mi piacciono tuttora. Non inizia con “c’era una volta”, la formula tipica, ma gli elementi costitutivi ci sono tutti. Ci sono personaggi fantastici e terribili, una missione importantissima da portare a termine, una protagonista dalle caratteristiche fortemente evocative, un misto di situazioni incredibili, ma che conservano comunque un forte aggancio alla realtà che vogliono evocare.
L’ho letto anche come un sogno, affascinante e misterioso, in cui l’ordine delle cose è continuamente messo in discussione da un approccio folle alle situazioni, ma è anche puntualmente ripristinato, perché la follia appare come una maggiore acutezza dei sensi. Una preziosa chiave di lettura per poter varcare, senza accorgersene, il confine tra ciò che è vero e ciò che non lo è, per tornare a ciò che è vero attraverso una circolarità che permette di capire il perché delle cose e di dare un senso a ciò che, solo apparentemente, non ce l’ha.
Non è casuale che Prendiluna, la protagonista, sia una vecchia maestra “gattara” in pensione. La scelta della maestra è un omaggio che Benni fa ad un mestiere sempre troppo poco apprezzato e riconosciuto. Questa volontà nasce dal ricordo che lui stesso ha dei tempi della scuola, un momento complesso in cui si dovrebbe imparare il più possibile, mentre sembra di non apprendere nulla, o comunque molto meno di quanto si potrebbe. Un momento complesso, in cui tutto dipende proprio dalla capacità degli insegnanti di trasmettere la passione che occorre per decidere di voler conoscere, studiare, apprendere, imparare.
Prendiluna è una vecchia maestra perfettamente calata nell’attualità dell’ipertecnologia in cui i fruitori, definiti con ironia “schermofili”, sono talmente assorbiti dal mezzo, che stentano a non trasformare l’utilità della tecnologia in patologia vera e propria.
Benni usa la fantasia e il fantastico come strumenti attraverso i quali dare una lettura, a tratti spietata, della vita quotidiana. Emblematica la descrizione degli ipermercati dove il “paradiso è davvero terrestre” e al “pane quotidiano” si affiancano “i cracker e le patatine” e la “buona volontà di consumismo e produzione che attende il vaglio della cassa”.
In questa quotidianità, del tutto riconoscibile, sono dieci ex alunni della vecchia maestra che si attivano, perché la missione possa essere portata a termine con successo. Nonostante abbiano alle spalle percorsi di vita diversi e, in alcuni casi molto difficili, ciò che li accomuna è di essere dei “giusti” mossi da un senso di grande riconoscenza e di gratitudine.
Benni stesso, alla presentazione del suo libro che ha fatto a Ferrara e alla quale ho partecipato, dice una frase davvero bellissima sulla riconoscenza che è anche, quasi, una definizione:
“Le persone non possono essere sostituite, e così non esisterà mai l’erede di De Andrè, per esempio, anche se questo aumenta il rimpianto. Ma l’unicità, ciò che caratterizza o ha caratterizzato ognuno di noi, è una cosa che ogni artista dovrebbe sempre ricercare”.
Favola, sogno, finzione, realtà. Qualsiasi chiave di lettura scegliate, lasciatevi trasportare in questa missione per compiere la quale viaggerete
“attraverso il triste rettilario del mondo televisivo, e la gioia dei bambini che sanno giocare al Pallone Invisibile, periferie desolate e tunnel dove si nascondono i dannati della città”
Stefano Benni, Prendiluna, Feltrinelli, 2017, pp. 212, € 16.50