Bouvard e Pécuchet
‘Bouvard e Pécuchet’ è un’opera incompiuta di Flaubert, alla quale l’autore ha lavorato, letteralmente, fino alla morte. È una delle sue opere più grandi, incentrata sul tema dell’ignoranza e della conoscenza. Borges la definisce “ingannevolmente semplice” e ne racconta la trama così:
Due copisti (la cui età […] confina con la cinquantina) allacciano una stretta amicizia: un’eredità permette loro di lasciare il lavoro e di stabilirsi in campagna: lì saggiano l’agronomia, il giardinaggio, la fabbricazione di conserve, l’anatomia, l’archeologia, la storia, la mnemonica, la letteratura, l’idroterapia, lo spiritismo, la ginnastica, la pedagogia, la veterinaria, la filosofia e la religione; ognuna di queste discipline eterogenee riserva loro un insuccesso; dopo venti o trent’anni, delusi […] ordinano a un falegname una doppia scrivania e si mettono a copiare, come prima.
Ho voluto riportare le parole di Borges, perché ritengo che abbiano un grande valore e che descrivano appieno non solo la trama, ma anche la situazione paradossale che Flaubert ha voluto rappresentare in questa opera che, a ragione, è considerata filosofica.
Bouvard e Pécuchet sono i protagonisti di una parabola con la quale l’autore mette a fuoco il paradosso dell’ignoranza: più studiano e accumulano conoscenze, più si rendono conto di rimanere ignoranti, come dimostrano i fallimenti ai quali vanno incontro in ogni disciplina affrontata. E fin qui nulla di strano in effetti. La genialità dell’opera sta nel fatto che Flaubert va oltre questa consapevolezza e mette in evidenza, oltre al paradosso, l’inutilità del sapere acquisito senza capacità critica. I due copisti affrontano lo studio e la conoscenza senza alcun pregiudizio e con grande dedizione e curiosità, ma ben presto, capiscono il vero dramma: la conoscenza e il sapere, senza il necessario distacco critico e la rielaborazione concettuale, dimostrano la loro incapacità di intervenire sulla realtà e di modificarla. A Bouvard e Pécuchet non rimane che ricominciare a copiare tutto ciò che può essere copiato.
Bisogna che la pagina si riempia
dice Flaubert attraverso i due copisti.
È significativo che proprio questo romanzo su ignoranza e conoscenza rimanga incompiuto, senza un finale ufficiale. Ricaviamo come sarebbe andata a finire negli appunti dello stesso Flaubert che, per fortuna, aveva ipotizzato e scritto l’intero impianto compositivo dell’opera.
Sconfiggere l’ignoranza attraverso lo studio e la conoscenza è operazione insensata.
Tentare un approccio enciclopedico allo scibile è fallimentare e la scienza stessa dimostra i suoi limiti nel momento in cui non è possibile applicarne i principi in maniera univoca e sempre uguale a se stessa in situazioni diverse tra loro. Lo studio che occupa Bouvard e Pécuchet serve a loro e anche a noi per imparare a riconoscere che la stupidità esiste, esisterà sempre, ma non deve essere tollerata.
La betise (idiozia) non sta da una parte, e l’intelligenza dall’altra. È come il Vizio e la Virtù. Bravo chi li distingue.
È un’affermazione decisa dell’autore ed è la consapevolezza che i due copisti hanno acquisito negli anni di studio intenso; la ragione per cui, anche se decidono di tornare a copiare tutto, non è più come prima. L’atto della copiatura è lo stesso, ma il senso con cui viene compiuto è ben altro. I protagonisti di quest’opera sono tutt’altro che stupidi. Se lo fossero stati, si sarebbero ostinati a perseguire un obiettivo impossibile e non avrebbero acquisito la consapevolezza dei limiti del sapere, dell’essere umano, del mondo. È proprio la loro intelligenza che li spinge ad arrendersi e a tornare dietro lo scrittoio, abbandonato per seguire grandi progetti,
a copiare le parole che non hanno né spiegato, né modificato il mondo.
L’incompiutezza di questo romanzo lo rende ancora più grandioso. Flaubert compie un’operazione straordinaria della quale prendiamo atto con grande ammirazione. Un romanzo provocatorio per l’epoca nella quale è stato scritto che continua a far riflettere anche oggi, duecento anni dopo la sua stesura.
G. Flaubert, Bouvard e Pècuchet, Feltrinelli, 2014, pp. 376, € 10.00