Lo zen e la cerimonia del tè
‘Lo zen e la cerimonia del tè’ è un libro che ho acquistato e letto per la prima volta molti anni fa, ma che continua a esercitare un forte fascino tutte le volte che il mio sguardo si appoggia sulla copertina; semplice, ma evocativa. Non è un romanzo e quindi non c’è una trama, ma la storia è bellissima.
La filosofia del tè non è mero estetismo nella comune accezione del termine, giacché esprime, insieme all’etica e alla religione, la nostra concezione dell’uomo e della natura. È igiene, in quanto costringe alla pulizia; è economia, in quanto mostra che il benessere va ricercato nelle cose semplici, on in quelle complicate e costose; è geometria morale, in quanto definisce il rapporto armonico tra noi e l’universo. Rappresenta l’autentico spirito della democrazia orientale, giacché trasforma tutti coloro che gli sono devoti in aristocratici del gusto.
Questo è ciò che racconta e spiega nel suo libro Kazuko Okakura figlio di samurai e fedelissimo alla tradizione giapponese. Sceglie il tè come simbolo dell’orientalità e decide che occorre spiegarne il senso profondo e il significato non solo rituale ma anche e soprattutto filosofico.
La cerimonia del tè è un vero e proprio rito che risponde a regole ben precise il cui significato affonda le proprie radici nell’ancestralità e nella religione. Okakura ci guida in un percorso scandito da sette capitoli, ciascuno dei quali spiega e approfondisce un aspetto del rituale più diffuso al mondo, sia pur con funzioni e principi differenti. Dalle varie tipologia di cerimonia, alle scuole del tè che insegnano che “non esiste ricetta per preparare il tè ideale” e che
ogni preparato di foglie ha una propria individualità, una particolare affinità con l’acqua e il calore, un patrimonio ereditario di ricordi da rievocare, un modo personale di narrare.
Nucleo centrale del libro è il quarto capitolo dedicato alla ‘stanza del tè’. È uno spazio fondamentale e in essa nulla è lasciato al caso. Ogni dettaglio è funzionale alla creazione della gestualità che rende la cerimonia un vero e proprio rito. Già il sentiero che conduce alla stanza del tè, quasi sempre separata dal resto della casa, è un primo stadio della meditazione che ha come scopo di accompagnare al distacco dal mondo esterno; la porta di ingresso non è mai più alta di un metro per “inculcare umiltà”.
Lo spazio interno è piccolo e privo di tutto ciò che è superfluo. La pulizia e il silenzio sono elementi fondamentali; l’unico rumore consentito è quello “dell’acqua che bolle nel bricco“, sul cui fondo
sono stati disposti alcuni pezzi di ferro, al fine di produrre una melodia particolare. Vi si può sentire l’eco di un acquazzone smorzata dalle nubi; un mare in lontananza che va a frangersi contro gli scogli; (…) oppure il mormorio dei pini sopra una collina lontana.
Grande importanza ha il Maestro del tè, che incarna il rituale stesso della cerimonia e che è disposto a difenderlo con il sacrificio della sua stessa vita. Un ruolo fondamentale hanno i fiori nella concezione che di essi ha il mondo orientale, ovvero come ornamenti che accompagnano tutti i momenti fondamentali della vita degli uomini, dalla nascita fino alla morte.
Immergersi nella lettura de ‘Lo zen e la cerimonia del tè’ è un modo per allontanare la velocità caotica e rumorosa del mondo occidentale nel quale siamo immersi. Cercare di comprendere il significato di questo rito unico è un modo per provare ad avvicinarsi a una cultura tanto diversa dalla nostra e proprio per questo così affascinante. È incredibile come il tè sia una bevanda così diffusa e abbia significati e funzioni diverse a seconda delle civiltà e delle culture che ne fanno uso. Per i Giapponesi è un vero e proprio rito che manifesta l’obbedienza tipica di questo popolo all’autorità degli antenati.
Il tè non ha l’arroganza del vino, né la supponenza del caffè, e neppure la leziosa innocenza del cacao.
K. Okakura, Lo zen e la cerimonia del tè, Feltrinelli, 2014, pp. 110, € 7.50 (trad. L. Gentili)