Finché il caffè è caldo
“Finché il caffè è caldo” di Toshikazu Kawaguchi racconta una storia affascinante:
In Giappone c’è una caffetteria speciale. È aperta da più di cento anni e, su di essa, circolano mille leggende. Si narra che dopo esserci entrati non si sia più gli stessi. Si narra che bevendo il caffè sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l’unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere. Si narra che con un semplice gesto tutto possa cambiare. Ma c’è una regola da rispettare, una regola fondamentale: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato.
L’idea di viaggiare nel tempo per poter tornare nel passato o proiettarsi nel futuro è senza dubbio accattivante. Lo è anche per i quattro protagonisti di questo romanzo: ognuno di loro ha un motivo per voler ritornare a un momento preciso del passato per poter fare o dire ciò che non ha fatto o detto:
Fumiko, che non è riuscita a trattenere accanto a sé il ragazzo che amava. Kotake, che insieme ai ricordi di suo marito crede di aver perso anche sé stessa. Hirai, che non è mai stata sincera fino in fondo con la sorella. Infine Kei, che cerca di raccogliere tutta la forza che ha dentro per essere una buona madre.
Ci vuole coraggio per entrare in questo caffè e decidere di affrontare il viaggio nel tempo, perché è una scelta che trasforma e rende diversi.
Per compiere questa esperienza ci sono alcune regole ferree da ricordare e alle quali attenersi:
- Sei in una caffetteria speciale.
- C’è un unico tavolino e aspetta solo te.
- Siediti e attendi che il caffè ti venga servito.
- Tieniti pronto a rivivere un momento importante della tua vita.
- Mentre lo fai ricordati di gustare il caffè a piccoli sorsi.
- Non dimenticarti la regola fondamentale: non lasciare per alcuna ragione che il caffè si raffreddi.
Chi decide di fare questo viaggio non può derogare da queste regole, ma c’è un’altra cosa importante da sapere: tornare nel passato non significa poterlo modificare. Ciò che è accaduto rimarrà tale.
Il viaggio serve solo a rivivere “quel” momento che si vorrebbe fosse andato in maniera diversa, ma ciò che è stato è stato. Il vero insegnamento che si può trarre dal ritorno al passato è che, proprio perché rimane immutabile e immutato, non conta. La dimensione unica importante è il presente, dove tutto è possibile, perché dipende unicamente dalle nostre scelte. Tutti abbiamo qualche rimpianto, ma possiamo agire solo sull’oggi per goderci il presente e, in parte, determinare il futuro.
“Finché il caffè è caldo” è una riflessione sul tempo e soprattutto sulla vita. Il presente è ciò che conta e va vissuto momento per momento non lasciandosi scappare nessuna occasione importante. Il consiglio è di smettere di credere che ci sia sempre una seconda opportunità per fare o dire qualcosa. Dobbiamo imparare a non sprecare i momenti che il tempo ci concede e viverli con tutta l’intensità e la pienezza di cui siamo capaci, pensando che siano unici e irripetibili come di fatto sono. Bere il caffè finché è caldo è una metafora con cui Toshikazu Kawaguchi ci esorta a gustare appieno ogni singolo momento del presente, del qui e ora.
Se l’idea del viaggio nel tempo non è originale, lo è invece il sistema di regole che l’autore stabilisce per rendere possibile un’esperienza che, di fatto, non lo è.
Un libro ben scritto che si legge molto velocemente. Quattro storie toccanti che prendono le mosse da un rimpianto e che raccontano tutte l’amore: tra fidanzati, tra coniugi, tra sorelle, tra genitori e figli.
T. Kawaguchi, Finché il caffè è caldo, Garzanti, 2020, pp. 177, €16.00, (trad. C. Marseguerra)