Il colombre: scegli che prevalga il colore o l’ombra?
“Quando Stefano Roi compì i dodici anni, chiese in regalo a suo padre, capitano di mare e padrone di un bel veliero, che lo portasse con sé a bordo.
‘Quando sarò grande – disse – voglio andar per mare come te. E comanderò delle navi ancora più belle e grandi della tua’”
È questo l’inizio del racconto di Dino Buzzati che dà il nome alla raccolta che lo contiene “Il colombre”. Una storia molto semplice e, in quanto tale, davvero bella. Subito all’inizio Stefano esprime il desiderio di seguire le orme del padre e diventare un marinaio. Il padre, orgogliosissimo, decide di fargli un regalo e lo porta quello stesso giorno con sé in mare. Il ragazzo dimostra tutto l’entusiasmo di cui è pervaso ed esplora la nave in tutte le sue parti. All’improvviso rivolge il suo sguardo verso il mare e vede “una cosa scura che spunta ogni tanto dalla scia” e che li segue. Chiama il padre per farsi spiegare cosa sia e il padre, impallidito, capisce subito che si tratta di un colombre, il pesce che ogni marinaio teme più di ogni altra cosa. Una leggenda racconta che, per motivi che non è dato sapere, il colombre sceglie il suo marinaio e lo insegue per tutta la vita, fino a quando non riuscirà a divorarlo.
La reazione ovvia del padre è di voler proteggere suo figlio da questa leggenda, lo riporta sulla terra ferma e gli ordina di non navigare mai più. Stefano obbedisce al padre, si dedica allo studio e trova un lavoro dignitoso e remunerativo lontano dal mare. Mare che rimane comunque un pensiero fisso, quasi una ossessione. Il vecchio padre muore, Stefano eredita una discreta fortuna, ma il colombre è un miraggio che, con il passare del tempo, anziché svanire diventa sempre più insistente. Il ragazzo, ormai uomo adulto, lascia il lavoro e gli amici e decide di seguire la sua passione di sempre. Torna alla città natale e decide di riprendere il mare.
Il suo colombre riappare immediatamente sulla scia della nave e continua a seguirlo sempre alla stessa distanza.
“Finché, all’improvviso, Stefano un giorno si accorse di essere diventato vecchio, vecchissimo; (…) Vecchio, e amaramente infelice, perché l’intera esistenza sua era stata spesa in quella specie di pazzesca fuga attraverso i mari per sfuggire al nemico.”
Arrivato a questo punto, Stefano decide di andare incontro al suo destino e di sfidare il colombre anch’esso diventato vecchio. Scopre in quel momento che quel pesce leggendario lo aveva inseguito per tutta la vita non per ucciderlo, ma per regalargli la “Perla del Mare che dà, a chi la possiede, fortuna, potenza, amore e pace dell’animo. Ma era ormai troppo tardi.”
Questo è un racconto bellissimo. È il racconto della vita di molte persone. È il racconto che dovrebbero leggere tutti i giovani, ma anche gli adulti e i genitori che, spesso, pensano di proteggere i figli tenendoli lontani dai loro sogni. Se volessimo dare una interpretazione fatalista, potremmo dire che la morale è l’impossibilità di sfuggire al proprio destino. Detta così, però, nonostante ci sia un fondo di verità, non mi piace molto, perché la trovo una lettura deresponsabilizzante. Molto più interessante è la lettura che mette in evidenza quanto sia importante cercare di realizzare i propri sogni, seguire le proprie passioni, e quanto sia insensato non ascoltare il proprio cuore, la propria pancia. Trascorriamo buona parte della nostra vita, a volte tutta, facendo cose che non amiamo totalmente, occupandoci di attività che non ci soddisfano, scegliendo strade solo perché ci sembrano più logiche e semplici rispetto a quelle che invece vorremmo davvero percorrere. Ecco, in questo senso la visione fatalista ha una sua ragion d’essere. Noi possiamo decidere, razionalmente, di non ascoltarci, ma sappiamo che questa scelta significa vivere a metà. Le nostre passioni, i nostri desideri più profondi continuano ad emergere e, più cerchiamo di seppellirli barricandoci dietro a scuse e alibi che sono palesemente tali, più diventano presenti, ossessivamente presenti. Poi, senza che ce ne rendiamo conto, arriva un momento in cui quei sogni sono diventati dei rimpianti.
Buzzati ci dice che il colombre, il cui nome deriva dalla fusione di colore e ombra, è un pesce “estremamente raro”. Ci dice anche che “qualcuno perfino sostiene che non esiste”
Se avvistiamo il nostro colombre andiamogli incontro e ringraziamolo per la meravigliosa Perla del Mare.
D. Buzzati, il colombre, Mondadori, 1999, pp. 350, € 10.00