La vita davanti a sé. Bisogna voler bene
‘La vita davanti a sé’ di Romain Gary fu pubblicata dall’autore con lo pseudonimo Emile Ajar e inizia così:
Per prima cosa vi posso dire che abitavamo al sesto piano senza ascensore e che per Madame Rosa, con tutti quei chili che si portava addosso e con due gambe sole, questa era una vera e propria ragione di vita quotidiana, con tutte le preoccupazioni e gli affanni. Ce lo ricordava ogni volta che non si lamentava per qualcos’altro, perché era anche ebrea. Neanche la sua salute era un granché e vi posso dire fin d’ora che una donna come lei avrebbe meritato un ascensore.
A parlare è Momò, il ragazzino arabo protagonista del romanzo e voce narrante. Madame Rosa, che ci presenta subito nell’incipit, è una ex prostituta ebrea che si occupa di lui e di altri ragazzini, figli di donne che ‘fanno la vita’, alle quali non è concesso allevare i figli, quasi sempre frutto di incidenti del mestiere, “bimbi nati per sbaglio” che “non avevano potuto farsi abortire in tempo e non erano necessari”.
L’intera vicenda racconta il quotidiano di questi due personaggi, un quotidiano difficile, pieno di difficoltà, in una periferia francese in cui abitano le persone che la società bene emargina. Momò non è come tutti gli altri. Pur essendo anche lui accudito da Madame Rosa per soldi (la ex prostituta percepisce una retta per ogni bambino che accetta di tenere con sé nell’appartamento), è un ragazzino che dimostra subito una sensibilità diversa da tutti gli altri. Si affeziona alla donna che si è presa cura di lui – e continua a farlo – e instaura con lei un legame profondo, in virtù del quale decide di non lasciare il fatiscente appartamento al sesto piano, anche quando ne avrebbe la possibilità. Anche Madame Rosa prova un sentimento particolare nei confronti del piccolo arabo, perché si rende conto che è l’unico sul quale può fare affidamento, anche e soprattutto nel momento in cui le sue condizioni di salute cominciano a peggiorare in modo inesorabile. È un rapporto affettivo molto forte il loro, è un sentimento che va oltre le difficoltà del vivere, anzi è ciò che permette ai due personaggi di affrontare la vita davanti a sé.
Romain Gary scrive un romanzo molto duro, a tratti respingente, ma dal quale il lettore non riesce a staccarsi, perché, in fondo, racconta la vita nei suoi aspetti più difficili da sopportare. La scelta di raccontare ‘La vita davanti a sé’ dal punto di vista di un bambino di dieci anni non rende la narrazione meno realistica. Romain Gary non ha nessuna intenzione di fare della retorica, né tanto meno del buonismo. Momò, forse a tratti quasi troppo maturo, si rende conto molto presto che la vita non fa sconti a nessuno e che
la felicità bisogna prendersela fintanto che c’è.
Non c’è tempo per fare gli schizzinosi: povertà, solitudine, malattia, vecchiaia, sono elementi del vivere che non lasciano scampo e bisogna imparare ad affrontarli, perché la vita è fatta così. C’è molto dell’autore nei pensieri del protagonista Momò. Romain Gary riflette su temi tuttora caldi quali eutanasia, emarginazione, vecchiaia, il tutto in un contesto in cui emergono l’importanza e la forza dei sentimenti e la convinzione che, nonostante tutto, la vita valga la pena di essere vissuta.
Posizione curiosa se pensiamo che il romanzo ‘La vita davanti a sé’ esce per la prima volta nel 1975 e che cinque anni dopo, nel 1980, l’autore decide di suicidarsi. Forse è questo fatto che spiega la malinconia che accompagna il lettore pagina dopo pagina senza però mai trascinarlo in uno sconforto e in un pessimismo senza consolazione.
Un piccolo suggerimento: se decidete di acquistare il libro in formato cartaceo, vi consiglio l’edizione Neri Pozza Spleen con le illustrazioni di Manuele Fior. Un’edizione molto bella con illustrazioni di grande delicatezza e sensibilità che rendono la lettura ancora più piacevole.
R. Gary, La vita davanti a sé, Neri Pozza, 2018, pp. 224, € 19.00 (ed. illustrata da Manuele Fior)