“La panne”. La giustizia può essere un gioco?
Quattro pensionati – un giudice, un avvocato, un pubblico ministero e un boia – ammazzano il tempo inscenando i grandi processi della storia: a Socrate, Gesù, Giovanna d’Arco, Dreyfus. Ma è certo più divertente quando alla sbarra finisce un imputato in carne e ossa: come Alfredo Traps, viaggiatore di commercio, che il fato conduce un giorno alla villetta degli ex uomini di legge.
Questa è la situazione che descrive Dürrenmatt nel suo racconto “La panne. Una storia ancora possibile”. La panne del titolo è il guasto alla macchina che costringe Alfredo Traps a una sosta più lunga del previsto, durante la quale l’unica ospitalità che riesce a trovare, forse non a caso, è nella villetta dei quattro uomini di legge. Quella sera, come al solito, i quattro amici ed ex colleghi tornano alla loro vecchia professione e al viaggiatore di commercio tocca l’unico ruolo rimasto vacante, quello del colpevole da processare.
Il rappresentante di articoli tessili chiese con curiosità quale reato gli imputassero. Era un punto di scarsa importanza, rispose il pubblico ministero, pulendosi il monocolo, un reato si finiva sempre per trovarlo.
In effetti il povero Traps non fa eccezione, nonostante professi la sua irreprensibilità e dichiari di non essersi mai macchiato di nessuna colpa. La cena inizia così come il processo, perché
lo si voglia o no, c’è sempre qualcosa da confessare.
Tra pietanze luculliane, ottimo vino e grasse risate la serata procede e il processo attraversa tutte le sue fasi di accusa, difesa, arringhe iniziale e finale, emissione della sentenza. Quale? Nessuna anticipazione, dovete leggere.
“La panne. Una storia ancora possibile” di Dürrenmatt è un capolavoro di perfezione. La struttura narrativa è un meccanismo perfetto: il ritmo cresce continuamente, come anche la tensione e la curiosità di conoscere il verdetto. La scena che si svolge all’interno di una sala da pranzo, attorno a un tavolo è caratterizzata da una convivialità e da una spensieratezza che poco hanno a che fare con la drammaticità del gioco della giustizia. Una parabola tra comico e grottesco con cui l’autore, in poco più di ottanta pagine, riflette su temi di fondamentale importanza.
Qual è la verità di ogni situazione in cui ci troviamo?
Esiste l’oggettività o è tutto solo soggettivo?
Qual è il confine tra desiderio e azione, innocenza e colpevolezza, verità e immaginazione?
I grandi temi vengono affrontati in un gioco tanto surreale quanto piacevole e affascinante, almeno all’inizio. Ma l’operazione di Dürrenmatt è inquietante, perché viene immediatamente da chiedersi se questo ‘gioco della giustizia’ sia davvero solo un gioco o non sia piuttosto la riproposizione di qualcosa che può accadere (o, peggio, che accade) anche nella realtà della giustizia. Con l’affermazione che un reato si finisce sempre per trovarlo, l’autore insinua un dubbio potente che, come sempre, pone il problema dell’etica dei comportamenti e dell’onestà intellettuale imprescindibili in chiunque ma, in modo particolare, in chi svolge compiti delicati quali quelli che ruotano attorno al tema della giustizia. Sono domande urgenti alle quali vogliamo a tutti i costi poter dare l’unica risposta che ci tranquillizzerebbe, ma è una risposta tutt’altro che ovvia, specie di fronte al finale di questo capolavoro.
F. Dürrenmatt, La panne. Una storia ancora possibile, Adelphi, 2014, pp. 87, € 10.00