Il giuramento: “Nel dubbio scoprirete di essere liberi”
Ernesto Buonaiuti, Mario Carrara, Gaetano De Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi Della Vida, Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Francesco Ruffini, Edoardo Ruffini Avondo, Lionello Venturi, Vito Volterra.
Dodici nomi che forse ai più non dicono nulla ai quali, proprio per questo, Claudio Fava dedica il suo romanzo breve “Il giuramento”. L’autore racconta un fatto storico realmente accaduto: nel 1931 il regime fascista inviò a più di 1200 professori universitari una lettera con la quale chiedeva che giurassero fedeltà, obbedienza e complicità, oltre che al Re e alla Patria, anche al capo del Governo, che allora era Mussolini. Un atto che fu descritto come puramente formale, ma che, di fatto, aveva come conseguenza immediata di garantirsi la sottomissione anche del mondo universitario che, evidentemente, rappresentava un pericolo proprio per la sua autonomia di pensiero. In questo scenario i nomi elencati sopra sono dei dodici docenti universitari che, soli, rifiutarono di sottoscrivere il giuramento richiesto.
Mario Carrara è fra loro ed è la figura della quale Claudio Fava racconta ne “Il giuramento”. Non lo chiama mai per nome, ma sempre e solo ‘il professore’; sappiamo che si tratta di lui perché anche nel romanzo, come nella realtà, è uno scienziato dal sapere anticonformista, genero di Lombroso, un patologo di fama capace di un pensiero critico che lo portò, in parte, a mettere in discussione le convinzioni del suocero, nonostante la sua carriera scientifica avesse preso le mosse proprio da quelle teorie. Carrara, anzi meglio dire il professore è un uomo comune, noioso, quasi banale, la cui vita è scandita dall’abitudine fatta di comportamenti, gesti e parole sempre uguali, ai limiti dell’ossessione, nella convinzione che
anche la noia è una qualità della vita: fa compagnia ai pensieri, disciplina i gesti, evita sorprese. Insomma serve.
Da sempre fa colazione con un quarto di mela e cena con una minestra; ormai
Il professore non ricordava più da quanti anni usava sempre le stesse parole per spiegare a quei ragazzi il privilegio di imparare la vita dalla morte.
È proprio in questa normalità banale che ‘ il gran rifiuto’, per dirla con le parole che Dante nell’Inferno usa per Celestino V, acquista un valore enorme. Senza gesti clamorosi, senza nessuna teatralità, ma con una semplicità quasi sacra, il professore rifiuta il giuramento fascista per rimanere fedele ai principi della scienza che nulla dovrebbe avere a che fare con la politica. Un atto di rottura, un’assunzione di responsabilità enorme che il professore pagherà a caro prezzo, compiuti con una dignità sulla quale vale davvero la pena di riflettere anche adesso, ai giorni nostri.
Nella realtà Mario Carrara vive, insegna e non giura a Torino, nel romanzo vive, insegna e non giura in Sicilia. Nella realtà ha nome e cognome, nel romanzo è semplicemente il professore, in rappresentanza di tutti e dodici.
“Il giuramento” ricorda un episodio lontano nel tempo, ma ancora tragicamente attuale. Il professore rifiuta non solo la sudditanza al regime che non gli interessa, ma la sottomissione della scienza a un giuramento che definisce “indecente” e “ridicolo”. Claudio Fava riporta l’attenzione su un episodio che la storia ha spesso dimenticato o comunque considerato di poca rilevanza; del resto furono 1238 i professori universitari che accettarono il giuramento, un numero che fa davvero scomparire i 12 che non hanno ceduto a quell’atto tutt’altro che formale. Anche in quel 1931 siamo di fronte a una minoranza che ha avuto il coraggio di anteporre la propria integrità morale e di pensiero a un conformismo di certo più comodo e più sicuro. Le minoranze fanno parte della Storia così come le prevaricazioni, le scelte-non-scelte, l’accettazione dei soprusi. Oggi come ieri sembra più semplice subire, accettare, che lottare e far valere le proprie ragioni. Oggi come ieri bisognerebbe avere il coraggio di chiedersi fino a che punto il fine giustifica i mezzi, fino a che punto vale la pena di rinnegare se stessi e le proprie convinzioni per non esporsi, per non assumersi la responsabilità di pensarla in modo diverso da una maggioranza che ci fa sentire più protetti, più al sicuro.
Il professore spiega le ragioni del suo rifiuto in una lettera che legge agli studenti nel suo ultimo giorno di lezione. Solo una frase voglio citare:
Servirà a questo, la vostra scienza: imparerete a dubitare, anche di voi stessi, e nel dubbio scoprirete di essere liberi.
C. Fava, Il giuramento, Add, 2019, pp. 123, € 14.00