La morte di Penelope
“La morte di Penelope” è il romanzo con cui Maria Grazia Ciani, grecista e autrice, tra le altre cose, di una delle più belle traduzioni dell’Odissea, ci racconta del mito una versione diversa da quella che tutti conosciamo.
“La storia si svolge a Itaca. Il tempo è quello del mito; ogni notte la tela, come una quinta teatrale, unisce e separa, incessantemente. Più ossessione che pazienza.”
Fin qui è tutto come ce lo racconta la tradizione ufficiale. Penelope, diventata proverbiale per la sua fedeltà incrollabile al marito lontano, ha come uniche alleate la tela, l’oggetto capace di difenderla dai pretendenti proprio in virtù della sua incompiutezza e la notte, il tempo nel quale la donna annulla tutto ciò che durante il giorno ha creato. Solo quando sarà finita, solo allora Penelope si concederà in moglie a uno dei pretendenti. Maria Grazia Ciani si addentra nello spazio e nel tempo del mito greco, dove tutto è narrazione, tutto è costruito sul “si dice”, e ne sceglie uno diverso, meno conosciuto, ma non per questo meno degno di attenzione. L’autrice sceglie il “si dice” di Apollodoro secondo il quale,
“dicono alcuni che Penelope fu sedotta da Antinoo […].
Altri dicono che fu uccisa da Odisseo a causa di Anfinomo,
perché era stata sedotta da lui”.
È proprio partendo da qui che Maria Grazia Ciani mette in scena tre personaggi, Penelope, Antinoo e Ulisse.
“Non ombre, ma corpi. Corpi che esitano. Penelope è rimasta, Antinoo è arrivato, Ulisse è tornato. Penelope l’ha aspettato. Ma l’attesa, più che un tempo, si è rivelata uno spazio, e lo spazio è stato occupato da Antinoo, principe e pretendente.”
Penelope, Antinoo e Ulisse non comunicano mai tra loro in modo diretto, ma sempre e solo attraverso la mediazione del silenzio; un silenzio interrotto unicamente da monologhi interiori con i quali ciascuno parla a se stesso, e dagli sguardi mai diretti, ma anch’essi velati o furtivi. Il silenzio come metafora dell’assenza, lo sguardo come minaccia per la fedeltà e pericolo per l’attesa che la vicinanza di Antinoo e la lontananza di Ulisse rende sempre più difficile.
Solo una profonda conoscitrice della tradizione classica e del mito greco qual è Maria Grazia Ciani può scrivere un romanzo di tale spessore e di tanta delicatezza. Solo una studiosa della sua levatura può chiedersi, senza nessuna presunzione o fastidiosa supponenza, se è verosimile che Penelope, la moglie per antonomasia, sia rimasta fedele a Ulisse durante i vent’anni della sua assenza, come ci assicura Omero.
“quando Ulisse parte, lei non ha nemmeno vent’anni, e come tutti, a un certo punto, dovrà pur aver cercato un sorriso…”.
Se fosse davvero così, Penelope ci sembrerebbe decisamente più umana; non biasimevole, semplicemente più umana. Il suo monologo ce la racconta come una donna combattuta tra il credere che Lui, Ulisse, non tornerà più e la consapevolezza dell’ineluttabilità del suo destino di moglie fedele:
“Posso scegliere uno sposo ma non avere un amante. Posso decidere con chi andare, legalmente, con il consenso di tutti, ma non posso rivelare la cosa più semplice: che Ulisse è morto nel mio cuore e un altro uomo occupa i miei pensieri.”
Questo romanzo ci racconta gli stati d’animo di personaggi inventati quasi tremila anni fa, ma che potrebbero essere ancora vivi adesso, ai nostri giorni.
“La morte di Penelope” ci fa vivere la complessità dei sentimenti, la difficoltà della vita, la durezza delle decisioni in un tempo che è qualsiasi tempo e in un luogo che è ogni luogo. Questa è la potenza del mito, che non ha nessun bisogno di essere attualizzato, perché è eterno. Tutti i classici sono libri “radicali”, ovvero capaci di scavare in profondità fino a raggiungere le radici delle storie che raccontano e il mito è classico per definizione. In queste 83 pagine, Maria Grazia Ciani scandaglia in profondità l’animo umano in una delle situazioni più totalizzanti e sconvolgenti qual è l’amore. Penelope, Antinoo e Ulisse sono descritti in una condizione mitica messa in discussione dall’umanità del loro sentire. Una visione della vicenda verosimile, senza un lieto fine. Un approccio che fa riflettere molto, proprio per la sua credibilità.
M. G. Ciani, La morte di Penelope, Marsilio, 2019, pp.96, € 12.00