L’ultima estate. C’è tanto da ridere al mondo
“Camminare eretti e parlare, due facoltà che hanno fatto della scimmia un uomo: io le sto perdendo entrambe. Restano l’inutile pollice sovrapponibile e l’insopportabile coscienza di me.”
Questa è la situazione fisica nella quale si trova Cesarina Vighy quando scrive “L’ultima estate”. È affetta da sclerosi laterale amiotrofica e tutto ciò che fino a prima di ammalarsi era normale, adesso risulta impossibile. Non è più padrona del suo corpo, ma può fare affidamento sulla mente che, per fortuna, continua a essere lucidissima. Cesarina Vighy è ammalata, ma non vuole parlare della sua malattia, anzi. “L’ultima estate” è il racconto di una vita, la sua, che ricorda con grande emozione e con quella autoironia della quale solo le persone intelligenti sono capaci. La malattia la sta annientando, ma Cesarina sa che raccontare e raccontarsi è ormai l’unico modo di esserci per sé e per gli altri. Cesarina Vighy non esiste più fisicamente, perché quella che sappiamo a letto, immobile, incapace di qualsiasi azione, non è più lei. La scrittura autobiografica, la narrazione del ricordo della sua vita è il mezzo con cui rivendica la sua dignità e dimostra il coraggio e la determinazione che fanno di lei una combattente. Nessuna autocommiserazione, nessun rimpianto, ma la condivisione di una vita vissuta appieno da protagonista. La storia, come la vita, parte proprio dall’inizio, dalla sua nascita fuori dal matrimonio, che non ha impedito ai genitori di amarla in modo incondizionato. Racconta con precisione, facendo viaggiare il lettore tra Roma e Venezia, le due città che hanno contribuito in modo decisivo a renderla la donna che era, che è. Venezia, la città dell’inizio e della fine, Roma quella dell’adolescente che si fa progressivamente spazio verso la condizione di adulta. Non è sempre stata una vita facile, né tanto meno felice, ma l’autrice ce la racconta con grande lucidità e restituisce a ogni momento vissuto la sua importanza e l’intensità emotiva che l’hanno contraddistinto.
È davvero “L’ultima estate” per la scrittrice protagonista di questo romanzo che è, allo stesso tempo, il primo e l’ultimo. Cesarina Vighy ha vissuto da protagonista e la scrittura è l’unica cosa che le rimane. Non è una scrittura facile e questo romanzo è di un’intensità davvero incredibile. L’autrice ci accompagna attraverso i suoi ricordi che ci fa rivivere insieme a lei; durante la lettura non ci sono momenti in cui la consapevolezza della sua malattia diventa un condizionamento, un impedimento a godere del racconto così reale e spesso intimo. Ciò che prevale è la gioia di vivere che l’ha accompagnata, quella stessa gioia che adesso le impone di scrivere per continuare a sentirsi parte di un mondo dal quale la sua condizione fisica l’ha progressivamente esclusa. “L’ultima estate” è contemporaneamente il racconto di una vita e di un’epoca. È un romanzo di grande intelligenza. È una rievocazione attraverso la quale Cesarina Vighy ci insegna a recuperare il senso delle cose, perché siamo fin troppo abituati a dare per scontate situazioni e azioni che non sono affatto dovute, ma sono un grande privilegio.
Cesarina Vighy è una donna straordinaria che ci esorta così:
“Fatevi venire o, se lo avete già, coltivate il senso dell’umorismo. C’è tanto da ridere al mondo”
C. Vighy, L’ultima estate, TEA, 2012, pp. 190, € 8.60