L’una e l’altra: un viaggio nella Ferrara del 1400
Il titolo L’una e l’altra è la traduzione dell’originale How to be both ed è formato da due parti distinte. Non una prima e una seconda parte, bensì due storie che si intitolano entrambe Uno. È indifferente da quale delle due il lettore inizi, perché nemmeno la collocazione temporale è un elemento a cui potersi appellare per decidere da dove cominciare. Anzi, l’ideale sarebbe proprio leggere le due parti contemporaneamente, perché la loro diversità contiene elementi di contrasto, ma anche di completamento.
La protagonista della prima parte “uno” dell’edizione italiana, quella introdotta da una telecamera di sorveglianza disegnata a mano e che in lingua originale ha il titolo di Camera è George. Sì, esatto, una ragazza che si fa chiamare con un nome maschile. È una sedicenne americana, la cui vita è sconvolta dalla morte improvvisa della madre, con la quale viveva una fase estremamente conflittuale, ma che non è pronta a gestire una perdita così drammatica. Questo lutto segna la linea di demarcazione tra il prima e il dopo di George. Nella fase del dopo, la ragazzina rievoca l’ultimo viaggio compiuto con la madre e il fratello in Italia, più precisamente a Ferrara, per vedere dal vivo i dipinti con i quali Francesco Del Cossa, nel 1469 aveva adornato il Salone dei mesi del celebre Palazzo Schifanoia. Dipinti che erano rimasti a lungo nascosti da uno strato di intonaco che per fortuna, ad un certo punto, ha cominciato a sgretolarsi.
La seconda parte “uno” è introdotta dal disegno di due occhi inseriti in un germoglio di pianta (Eyes il titolo in lingua originale) che, tra l’altro, sono una citazione di un altro dipinto di Del Cossa intitolato Santa Lucia. È il racconto, in prima persona, del pittore Del Cossa, l’autore misterioso dei dipinti, che ci offre una ricostruzione splendida della Ferrara degli Estensi tra rivalità artistica e mecenatismo. Questa seconda prima parte racconta la genesi dell’oggetto del viaggio di George con la madre. Quell’ultimo viaggio che la sedicenne ha un po’ l’impressione di avere sprecato e al quale si aggrappa nel tentativo di scoprire i segreti della passione per l’arte di sua madre.
Questo romanzo è interessante, perché offre molti spunti di riflessione. Una prima caratteristica, che fa davvero effetto, è che l’ordine delle due parti che compongono il romanzo non è sempre uguale, ma dipende dall’edizione che acquistate. Potreste trovare prima la parte ambientata nel Quattrocento oppure quella ai giorni nostri come nel mio caso. Già questo è un particolare di non poco conto. È una indicazione di come possiamo percepire la dimensione tempo. Esiste un prima e un dopo o piuttosto è meglio parlare di una eterna contemporaneità? Le due storie sono profondamente intrecciate, perché l’una è il motore che genera l’altra. I dipinti del Palazzo Schifanoia sono fondamentali nella biografia di Francesco Del Cossa e sono l’opera d’arte di cui la mamma di George si innamora al punto, da decidere di volerli vedere di persona. L’arte quindi come elemento che permette di superare i confini dello spazio e del tempo, una testimonianza di una eternità possibile. Il pittore del XV secolo ci offre uno spaccato di vita quotidiana della Ferrara delle Signorie e ci racconta di come alle donne certi mestieri fossero preclusi a prescindere. Ecco perché il padre, quando decide di iniziarla ai mestieri e alle botteghe della pittura, sa anche che l’unico modo per poterlo fare è trasformare la figlia in un maschio. Quindi Francesco Del Cossa, in realtà è femmina, la nostra sedicenne George è femmina ed entrambe perdono la madre in giovanissima età. George di sua madre sa davvero poco, perché era talmente presa dalla sua ribellione verso il sistema da non averle mai prestato davvero attenzione. Solo a posteriori cerca di recuperare coltivando le stesse passioni e occupandosi delle stesse cose. Del Cossa è un pittore di cui sappiamo pochissimo, ma è questo il motivo per cui Ali Smith lo sceglie. Le offre la possibilità di rielaborarne la biografia per renderlo testimonial di quanto l’apporto culturale e artistico femminile venga cancellato o riscritto da un sistema che tende ad annullarlo nella propria rilettura storica, quando non lo fa già con pesanti discriminanti all’ingresso del gotha culturale (come in questo caso). Tema ancora del tutto attuale, nonostante molti passi in avanti siano stati fatti rispetto all’epoca delle Signorie, al quale sia aggiunge la riflessione sull’identità di genere che invece sembra essere esclusiva dei nostri giorni.
Non è di certo una lettura semplice, ma è una sfida davvero interessante, una vera e propria esperienza di lettura. Un’esperienza che obbliga ad uscire dalle “abitudini” di lettura. È un po’ come quando si naviga in internet che si può passare da una notizia all’altra all’infinito, pur rimanendo legati al tema di cui ci occupiamo. Qui è uguale. A decidere come leggere questo romanzo è il lettore. Io, ad esempio ho scelto di iniziare dalla storia di George, dal moderno quindi e ho finito con la parte del pittore del 1400. Sono sicura che se avessi fatto il contrario, le sensazioni sarebbero state diverse. E credo proprio che lo rileggerò seguendo l’ordine opposto. C’è solo un piccolo difetto nella versione in italiano, rispetto a quella in inglese: mancano le immagini dei dipinti di cui si parla e ai quali si fanno continui rimandi, visto che sono il motore dell’intera narrazione. Da questo punto di vista chi, come me è di Ferrara, è avvantaggiato dal fatto di conoscere il Palazzo Schifanoia e dall’aver sicuramente visto, almeno una volta, i meravigliosi affreschi del salone dei mesi. Vi garantisco però che, se non avete mai fatto questa esperienza, la lettura di questo romanzo vi farà nascere la curiosità di venire a vedere dal vivo. Nell’era dell’internet potete farlo comodamente da casa, lo so bene; ma come la mamma di George non resisterete e vorrete vederli di persona.
A. Smith, L’una e l’altra, Sur, 2016, pp. 311 € 17.50