Leggere e scrivere. Una testimonianza
Il titolo è “Leggere e scrivere. Una testimonianza”. In questo libro V. S. Naipaul ci parla di sé, della sua esperienza di scrittore che non può prescindere dalla sua esperienza di vita. È un libro piccolo, pubblicato da Adelphi, nel quale sono raccolti due saggi brevi (Leggere e scrivere e Lo scrittore e l’India) seguiti dal discorso ‘Due mondi’ che Naipaul tenne in occasione del Premio Nobel che gli venne conferito nel 2001.
Tre scritti molto importanti per fare luce su chi fosse Naipaul e quale fosse il suo pensiero. Fin da bambino Naipaul pensa a sé come a uno scrittore, con una idea precisa:
“Essere uno scrittore per me significava essere uno scrittore di romanzi e racconti. Era un’ambizione nata così, grazie alla mia antologia e all’esempio di mio padre, e tale era rimasta.”
Comincia quindi da bambino questo sogno e nelle poche pagine del primo saggio ripercorriamo insieme a lui le tappe della formazione letteraria e del percorso creativo che lo hanno reso l’autore che conosciamo. A Oxford riflette in modo approfondito su un concetto determinante per la sua produzione:
“Un romanzo era qualcosa di inventato quasi per definizione. Allo stesso tempo ci si aspettava che fosse vero, che traesse ispirazione dalla vita, sicché un romanzo scaturiva in parte da una sorta di rifiuto della finzione letteraria o dal desiderio di guardare la realtà per suo tramite.”
Finzione e realtà sono le parole chiave. Se un romanzo è una finzione con la quale si racconta la realtà allora Naipaul capisce che
“per scrivere un romanzo sarebbe stato necessario creare qualcuno come me, qualcuno con le mie origini e il mio contesto familiare, e trovare una ragione per farlo andare in India.”
Inventare un personaggio identico a lui con il suo stesso trascorso, uguali passioni e analoghe paure significa, in realtà, raccontarsi per raccontare e riconoscere alla letteratura un ruolo ben preciso nel mondo. È in questo contesto che l’India assume una funzione indispensabile, perché Naipaul viene da lì ed è lì che deve ritornare per dare consistenza a se stesso e alla sua storia. Quella dello scrittore Naipaul non è l’India avventurosa alla quale ci ha abituato la letteratura, ma è quella delle zone d’ombra dell’autore, quella delle ferite che si sono impresse nella sua mente e nel suo cuore fin da bambino, sempre condizionato dalla sua condizione di straniero in qualsiasi terra. Naipaul quindi parla di sé e della propria esperienza, perché sa che il veramente bello sta nella sincerità dei sentimenti e nella autenticità che il lettore percepisce. Si può inventare qualsiasi cosa, ma “chi legge vorrà sempre tornare ai capostipiti”.
“Ciò che è bello dimentica qualsiasi modello possa aver avuto e giunge inaspettato; bisogna afferrarlo al volo. La scrittura che ha queste caratteristiche non si può insegnare in un corso.”
La vera dichiarazione di poetica è nel discorso per il Premio Nobel:
“Ciò che conta di me sta nei miei libri. Quel che c’è in più, dentro di me, non ha ancora assunto una forma piena. Non ne sono del tutto consapevole; è lì che attende il prossimo libro.”
Nel 2001 a Naipaul è stato assegnato il Nobel per la letteratura “per aver unito una descrizione percettiva ad un esame accurato incorruttibile costringendoci a vedere la presenza di storie soppresse”. Una motivazione che coglie in pieno il senso della scrittura per il vincitore.
Per Naipaul scrivere avendo ben presente il rapporto tra passato e presente è l’unico modo per esprimere la propria idea della realtà. Nella vita ogni singola esperienza deriva dalla precedente e rappresenta il punto di partenza per quelle future in un continuum che non può essere interrotto. Analogamente in letteratura ogni romanzo riprende e continua il precedente e “l’ultimo libro contiene tutti gli altri”, ragione per la quale ogni autore è la somma dei suoi romanzi.
“Ogni volta il mio fine era quello di scrivere un libro, di creare qualcosa che fosse facile e interessante da leggere. In ogni fase potevo soltanto lavorare entro i confini delle mie conoscenze, della mia sensibilità, delle mie capacità e della mia visione del mondo. Queste cose si sono sviluppate di libro in libro. (…) Ho dovuto mettere ordine nel mio mondo, gettarvi luce, prima di tutto per me stesso.”
Per Naipaul la scrittura è un dono come lo sono tutti i libri che ha scritto. Non è mai facile guardarsi dentro e scrivere, ma il momento più difficile e anche il più bello è quello in cui si comincia.
V. S. Naipul, Leggere e scrivere. Una testimonianza, Adelphi, 2002, pp. 112, € 8.00