21 donne all’assemblea
L’assemblea a cui si riferisce il titolo è la Costituente. Il referendum del 2 giugno 1946, oltre a decretare che l’Italia sarebbe stata una repubblica, apre le porte della partecipazione attiva alla politica alle donne che, fino ad allora, non avevano avuto accesso a questo “privilegio”. Le donne votano per la prima volta e, 21 di loro, partecipano alla stesura della Carta Costituzionale, dando voce a quella parte della popolazione che aveva sempre solo subito le decisioni prese dall’altro sesso. Le 21 donne all’assemblea rappresentano tutto il territorio nazionale, hanno età, ceto sociale ed esperienze di vita estremamente diverse e una appartenenza politica piuttosto ben assortita: nove comuniste, nove democristiane, due socialiste ed una appartenente al movimento dell’Uomo Qualunque.
Grazia Gotti, che ho l’onore di conoscere personalmente, ci presenta con grande attenzione filologica, ma anche con una sensibilità davvero preziosa, il ritratto di queste 21 protagoniste di una esperienza storica senza precedenti, che ha cambiato per sempre l’opinione del mondo sulla capacità delle donne di dire la loro senza essere vittime di una componente emotiva che, secondo le credenze popolari di allora, avrebbe impedito loro di poter ragionare e decidere in modo oggettivo ed attendibile. Grazia costruisce, anzi meglio ricostruisce, di ciascuna di loro un ritratto non solo pubblico, ma anche privato. Il loro modo di pensare e di portare avanti le proprie idee è strettamente correlato alle loro esperienze di vita, di guerra, di povertà, in una parola, di vita.
La prima donna di cui si parla è Anna Garofalo, la giornalista a cui viene dato l’incarico da Edoardo Anton di progettare una trasmissione radiofonica attraverso la quale poter arrivare ad un pubblico femminile che non fosse quello colto ed istruito a cui tutti si rivolgevano escludendo la gran parte delle donne alle quali il bassissimo livello di scolarizzazione impediva di capire cosa stesse realmente succedendo nell’Italia di allora. C’è Rita Montagnana che “alla giusta causa della rivoluzione dedicherà tutta l’esistenza”, che “aveva visto Lenin e il cuore aveva avuto un sussulto”. Ma Rita è anche la stessa a cui “toccherà di vedere il compagno (Palmiro Togliatti) ‘cadere nell’abisso’ di un amore per una donna molto più giovane (Nilde Iotti).”
Angela Guidi Cingolani è la prima donna a prendere la parola in parlamento e, come prima cosa, ribadisce il ruolo nuovo e fondamentale delle donne nella vita sociale attiva dell’Italia: “Colleghi Consultori, nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non un applauso dunque per la mia persona, ma per me quale rappresentante delle donne italiane che ora per la prima volta partecipano alla vita politica del Paese”.
Teresa Noce è costretta ad abbandonare la scuola per la forte povertà in cui versa la famiglia, ma questo non le impedisce di acquisire una grandissima cultura studiando da autodidatta; la ricordiamo soprattutto, perché sua è la proposta di legge n. 860 dell’agosto 1950 per la “tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri”
Tra le ventuno donne dell’assemblea Nilde Iotti è indiscutibilmente la più famosa. “È una donna libera e moderna che va incontro alla sua vita con coraggio, determinazione e consapevolezza”. La sua lunga ‘progressione’ politica la vedrà seduta tra i banchi di Montecitorio fino al 1999 ininterrottamente. Prima donna a ricoprire il ruolo di Presidente della Camera è anche l’unica ad essere onorata dal funerale di Stato. Lina Merlin è la persona a cui dobbiamo la presenza, nel testo dell’art. 3, della precisazione “senza distinzione di sesso”, nonostante sia ricordata principalmente per la legge sulla abolizione delle ‘case chiuse’ che porta il suo nome. Una legge che, ad una valutazione superficiale, potrebbe sembrare frutto di un ragionamento bigotto, ma che, in realtà, negli anni ’50, ha una portata straordinariamente rivoluzionaria.
Maria Federici Agamben, insieme alla collega costituente Maria Maddalena Rossi, riesce a far mettere ai voti un doppio emendamento relativo all’accesso delle donne alla magistratura. Se fosse stato respinto l’emendamento della Rossi che ne sanciva il diritto, avrebbe potuto essere approvato il suo che ne aboliva il divieto. L’operazione non ha successo e solo nel 1963 alle donne viene riconosciuta la possibilità di accedere ai concorsi per la carriera di magistrato.
Potrei continuare a parlare per ore di ognuna di loro, molte delle quali per me erano perfettamente sconosciute fino a prima di leggere questo libro. Pagina dopo pagina, mi sono entrate nel cuore. La loro determinazione, la loro tenacia, la comprensione della straordinaria conquista rappresentata dall’avere accesso alla vita politica nazionale è ciò che le rende uniche. Il loro attivismo, la capacità di lottare e di non arrendersi di fronte alle difficoltà è ciò che mi fa rammaricare ancora di più di fronte alla rassegnazione e al fatalismo con il quale spesso tutti noi oggi scegliamo, più o meno consapevolmente, di non partecipare attivamente alla vita politica vista come una fatica più che un onore, uno sforzo inutile più che un dovere, una opportunità ovvia più che il risultato di una conquista faticosissima che le 21 donne all’assemblea hanno portato a casa con grandissimo orgoglio ed altrettanta dignità.
Grazia Gotti, 21 donne all’assemblea, Bompiani, 2016, pp. 263, € 14.00